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Back to black

Creato il 25 luglio 2011 da Abattoir

Back to blackSconvolge. E basta.

Lungi da me il cinismo imperante degli ultimi tempi (anni), causato dal troppo avere le mani in pasta su tutto, così tanto che sembra di poter controllare l’infinito come nel Rinascimento.

Lungi da me la distanza sensistica per una morte improvvisa ma ampiamente annunciata. E assieme lo sguardo assorto nelle immagini terribili di qualsiasi sciagura, curiosamente appeso all’interesse vacuo di un momento colorato da sangue umano che bolle ancora sull’asfalto.

C’è un tempo strano in questi giorni, molto simile a quello generalmente percepito ad inizio settembre, un cielo a chiazze, una temperatura variabile e quella frescura che ti fa chiedere perché ti ostini a rimanere in mutande quando ti raffreddi in un attimo: sarà anche la meteopatia cronica a provocarmi delle anticipate sensazioni di depression time.

Comunque sia il fantomatico gruppo dei 27enni anche questa volta ritrova una nuova adepta, l’ennesima disperata protagonista di una vicenda tutta musica, successo e passione per poi rabbuiarsi nell’indicibile lutto.

Ma cos’erano 27 anni trent’anni o 40 anni fa lo si può intuire dalle barbe folte degli uomini, dalle chiome un minimo imbiancate, e dalle rughe subitamente scavate sui volti maturi di già padri e già madri. Ma erano i 27enni sani (si spera) di una parte della società che lavorava, che non aspettava più di tanto per farsi una famiglia. Si era già più adulti, si avevano persino esperienze di vita dall’infanzia. Ma non sempre la vita riusciva a sorridere a tutti i “secondi” ventenni. E quindi potevi farti dei soldi, avere la fama e molti altri “servizi gratuiti”, ma sentirti prevalentemente portato all’autodistruzione, senza programmarlo, senza saperlo, sbronzo da tutte le luci ipnotiche della ribalta che ti hanno fatto solo diventare più rincoglionito.

Non è un caso che i suicidi, i morti per soffocamento, gli incidenti sfiguranti, i cocktail definitivi e le overdosi di noti artisti celino sempre un altro volto rispetto a quello fotografato e raccontato dalle riviste di gossip, un volto infantile truccato a dovere per apparire al meglio davanti a tutti, così che si possa essere un pregevole spettacolo d’intrattenimento.

Perchè il pubblico ha sempre sete, il pubblico ha fame. Continuamente.

L’artista smette così, inglobato dalla smania dell’apparenza, di essere un essere umano, diventa soltanto il prodotto del momento per le masse, che vogliono ballare, canticchiare, innamorarsi o divertirsi. E me l’immagino in balia dei propri fantasmi a circondarlo nelle notti insonni o nelle giornate apatiche.

Poi quando tutto è finito la gente piange, ci si dispera e la ragione pare impadronirsi di tutti. I buoni propositi di una vita sono andati in fumo come ad un disperato falò di fine estate, e quando il fuoco si spegne rimane solo la sagoma bruciata di ciò che prima era trascorso di linfa vitale.

Via, si riparte. Il corpo morto verrà salvato dal ricordo dei vivi, ma solo per una attenta questione di fortuna.

Dall’altro lato, l’uomo continuerà ad essere dedito ai banchetti alla Trimalcione, alla volubilità della propria dignità e alla propria bestiale bramosia.

Bisogna tanto stare attenti, c’è ben poco da fare.


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