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Back to iMac

Creato il 24 ottobre 2015 da Cobain86

imac-generationsOggi ripercorriamo 17 anni di storia dell’iMac, l’all-in-one della Apple che ha portato una piccola rivoluzione nel mondo dei desktop consumer. Buona lettura!

Quando è necessario tagliare

Prima del rientro di Steve Jobs in Apple (in seguito all’acquisizione da parte di Apple di Next, la nuova azienda di Jobs) il parco macchine Apple assomigliava in parte a quanto ci troviamo davanti oggi: una pletora di modelli con funzioni simili senza una collocazione specifica (con la differenza che oggi Apple è in piena salute, all’epoca perdeva soldi da tutte le parti). L’abbondanza di modelli generava confusione negli utenti e scontento, nel senso che anche il design aveva abbandonato la “nave dei pirati”, come veniva definita fino a poco tempo fa l’azienda della Mela.

Jobs decise di tagliare i progetti inconclusi, le periferiche inutili e tracciò una matrice 2×2: 2 modelli consumer, 2 modelli professionali.
Jonathan Ive, storico designer della casa, decise di sfruttare le nuove possibilità di lavorazione della plastica e vennero fuori due desktop (uno era l’iMac e l’altro il PowerMac) e il portatile iBook, in due varianti anch’esso.

L’hub multimediale

Seguendo il progetto di Jobs l’iMac doveva essere l’hub multimediale della casa, il centro a cui connettere tutti i dispositivi: via l’indispensabile (!!) lettore di floppy, spazio per un modem 56k e un masterizzatore CD, audio integrato, schermo a tubo catodico abbinato ad una tastiera ed un mouse (rotondo) nello stesso stile colorato e trasparente.

La maniglia posteriore è un’eredità del primo Macintosh, “il computer che si deve poter estrarre dalla scatola” e attaccare senza inutili tecnicismi. Lo stesso manuale d’uso era così compatto che entrò nel Guinness dei primati.

Fu una piacevole rivoluzione di design e buon gusto che influenzò molti ambiti, rendendo per la prima volta un computer un oggetto piacevole da vedere, un segno di stile inconfondibile (oltre al netto distacco tra i processori Intel e i G3/G4 dell’epoca).

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Seguendo la cronologia nel 2002 vedremo il Mac “Lampadone”, oggetto ambito ancora oggi da molti collezionisti. Ispirato probabilmente dalla lampada Luxo della Pixar, è un braccio in alluminio che sostiene lo schermo, con una mezza sfera alla base che contiene tutta la parte hardware. Questo mezzo pianeta alla base lo rende un oggetto futuristico disceso dallo spazio, con la possibilità di inclinare lo schermo e regolarlo secondo le proprie esigenze.

Datemi una leva e vi solleverò l’iMac

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Dal 2004 ad oggi la soluzione adottata è stata univoca: un solido braccio in alluminio che regge e solleva lo schermo, che ora contiene tutta la strumentazione necessaria al funzionamento della macchina, dalla scheda madre al disco fisso. Ereditando i componenti di un portatile hanno assemblato un pezzo unico, montando ovviamente un display di dimensioni più generose rispetto ad un laptop (ad oggi il massimo acquistabile è un 27 pollici 5k).

Dal guscio unibody in plastica siamo arrivati alla cornice in alluminio e retro in plastica nera (2008), per poi fondere tutto in un case unibody, come già avveniva per i portatili. Eliminando il retro in plastica nera, infatti, si risolvono i problemi di disallineamento legati al montaggio e smontaggio dell’intelaiatura per riparazioni o aggiornamenti.

Allo stato attuale delle cose (ottobre 2015) la RAM è stata saldata sulla scheda madre e il display LCD incollato al vetro, rendendo più onerosa la sua sostituzione. La RAM saldata è un vizio di molti produttori ormai (pensate agli ultrabook), dove, a fronte della giustificazione di un minor ingombro e una maggiore stabilità di sistema, bloccano qualsiasi aggiornamento futuro. Gli unici blocchi smontabili rimangono sui top di gamma da 27 pollici, ma a breve verranno eliminati anche da quelli vista la tendenza negli ultimi anni.

Grazie a questa dieta dimagrante fatta di saldature, rimozioni (niente SuperDrive) e aggiustamenti vari (tra cui l’incollaggio dello schermo) l’iMac è dimagrito parecchio, rispetto ai modelli precedenti e offre una risoluzione, per il nuovo modello, di 4K, ideale per video e fotografie ad alta definizione.

Concludendo

Ora non è più possibile armeggiare come un tempo con i propri componenti interni (tranne forse il cambio dell’hard disk, acquistando un Fusion Drive) ma il suo scopo non è mai stato quello: è un computer pronto all’uso e va posta maggiore attenzione alla configurazione iniziale, visto che sarà quella definitiva per molti anni. Per quanto possa amare i touch screen in mobilità a casa preferisco digitare su una tastiera fisica e muovermi con un mouse, mi permette di essere più veloce e preciso (e in alcuni ambiti è fondamentale).

Chi scrive ritiene che l’iMac possa evolversi ancora e sarà curioso vedere la strada intrapresa, in attesa della prossima “one last thing“.

E continueremo a seguire le sue imprese, perché alla fine la storia dell’iMac è una storia di design, di scelte difficili e azzardate, di tentativi per portare in tutte le case qualcosa che non sia solo un ammasso di chip e transistor ma anche un piacevole oggetto d’arredamento.

Se volete approfondire la storia dell’iMac Apple ha inaugurato un mini sito ufficiale, con un confronto sulle caratteristiche dal 1998 al 2015.

Marco

Le immagini sono “courtesy of Apple”; tutti i prodotti e loghi citati appartengono ai rispettivi proprietari.


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