Bad Boy Club…
viaggio nel mondo di Anne Stuart
Il mio incontro con Anne Stuart avviene poco tempo fa, in seguito alla ripubblicazione – acclamata a gran voce dai cultori della scrittrice – di alcuni dei suoi indiscussi capolavori. Non potevo farmi sfuggire l’opportunità di colmare una lacuna che da più parti era considerata quasi un’onta nel curriculum di una lettrice di romance. D’altro canto, in me, di fronte ad attestazioni di stima così potenti si sviluppa sempre una duplice reazione: da una parte il desiderio di fidarmi che mi spinge a non voler perdere l’occasione di immergermi in storie intense e coinvolgenti e dall’altra la diffidenza che mi porta a voler verificare di persona se questi entusiasmi siano giustificati. Così, fra trepidante speranza e cauto timore, inizio il mio viaggio alla scoperta dell’universo della Stuart e dei suoi bad-boy. Buio, Ghiaccio nero e Freddo come il ghiaccio avrebbero dovuto condurmi in un mondo di intensità, magnetismo, spregiudicatezza e astuzia senza pari.
Nella mia mente riecheggiavano le suggestioni dei commenti letti in rete che tratteggiavano con potenti pennellate il profilo di protagonisti dal fascino cinico e glaciale. Anticonvenzionali e dalla virilità sprezzante. Eroi insidiosi, machiavellici e senza cuore che non potevano non stuzzicare i miei desideri di donna, consapevole che, a dispetto di tanta imperturbabile durezza, anche loro avrebbero ceduto alle lusinghe dell’amore senza, però, perdersi in melense affettazioni.
Mai delusione fu più forte. Buio mi scaraventa con brutalità all’interno di una storia di cui stento a comprendere la logica e Richard Tiernan con maestria ineguagliabile distrugge ogni fantasia riguardo al fascino dei ragazzacci Stuart: non trovavo traccia del loro tenebroso sex appeal; e dov’era quella mente machiavellica capace di ammaliarmi con insidiose trame? Ogni pagina ricostruiva una realtà diversa e e via via tracciava i contorni di un uomo teso a elaborare un piano dai risvolti a dir poco demenziali. Un progetto farneticante che minava irrimediabilmente la fama da bad-boy attribuitagli con tanta convinzione portandomi a pensare, quasi con affetto, che a lui si adattasse meglio l’appellativo di bab-boy.
Ma se la scoperta delle sue compromesse capacità intellettive mi aveva tolto ogni illusione, la consapevolezza che gli uomini creati dalla Stuart non potessero piacermi era giunta già dalle prime pagine quando diventa chiaro che la protagonista femminile è semplicemente una pedina nelle mani del nostro eroe che cercherà di asservirla ai propri piani attraverso la carta della dominazione erotica. Legandola a sé. Piegandola al suo volere.
L’avrebbe usata. Se necessario, sacrificata alle sue esigenze. Nemmeno per un istante si sarebbe fermato a considerare il futuro di lei, il suo benessere. Nel momento più buio della sua vita aveva visto la sua fotografia e una luce si era accesa per lui. Anche se avesse dovuto distruggerla, lo avrebbe fatto, a tutti i costi. Qualsiasi cosa pur di disperdere le tenebre.
La seduzione è solo uno strumento per assoggettare Cassidy, per soggiogarla e spingerla a divenire parte del suo piano. E con diligenza quasi zelante la Stuart ci offre una protagonista le cui sorti vengono decise senza ripensamenti, con lucida scelleratezza. Lei altro non è che un agnello sacrificale nelle mani di due uomini che senza scrupoli la sfruttano per raggiungere i loro obiettivi.
Abbiamo fatto un patto faustiano, tu e io. Mia figlia in cambio della tua storia. Tu vuoi una donna e non so per quale ragione ti sei intestardito a volere mia figlia. E va bene. Io ho bisogno di qualcuno che mi aiuti con il libro e lei è una seria professionista. Non ho intenzione di rinnegare il nostro patto.
Ma la cosa che ho trovato inaccettabile è che Cass non si sottragga a questi giochetti immorali, che non decida di scappare, accecata com’è dal desiderio di compiacere un padre egoista e indegno. Resta, pur sapendo dell’ignobile accordo tra i due e continua ancora a prestarsi a questo sacrificio. Salendo lei stessa sull’altare e offrendosi ai suoi carnefici.
Di colpo, la realtà di ciò che stava facendo la colpì come un pugno: nel mezzo della notte se ne stava in piedi nella camera da letto di un assassino riconosciuto colpevole da un tribunale, indossando solo il reggipetto e le mutandine e sfidandolo ad avere un rapporto sessuale con lei. Doveva essere completamente uscita di senno.
Dinanzi a lei c’è un omicida condannato alla pena capitale, e per quanto il reale svolgersi della vicenda resti ancora avvolto nel mistero, non capisco – e qualcuno mi aiuti a farlo – come Cassidy possa sentire dal primo incontro un’attrazione così forte per Richard. Manca quel graduale percorso di conoscenza che avrebbe potuto giustificare l’avvicinamento prima e la nascita della passione poi.
…Il suo sorriso era devastante. Cassie aveva sentito dire che i delinquenti spesso erano individui dotati di un certo fascino, ma niente era paragonabile all’uomo che le stava davanti e che la costringeva suo malgrado a desiderare di
ricambiare il suo sorriso e avvicinarsi a lui…
La mia coscienza grida contro di lei perché diventa l’incarnazione di tutto ciò che una donna non dovrebbe essere: debole, priva di consapevolezza, di dignità, amor proprio e di un minimo di buonsenso. Pronta a farsi sfruttare pur di guadagnare l’attenzione e l’amore di un padre immondo. Pronta a cedere a un uomo che usa il sesso contro di lei in modo razionale e metodico. In nessun momento della storia ho trovato plausibili i comportamenti della protagonista e ancor meno sono riuscita a comprendere la sua reazione nell’attimo in cui Richard le svela la verità e le chiede di collaborare al progetto. Una donna sensata – e innamorata – non può accettare senza battere ciglio una soluzione come quella che lui propone. Come minimo gli chiederebbe di tornare sulle proprie decisioni, di cercare una via alternativa, soprattutto perché quella perseguita è tanto priva di razionalità da sembrare quasi una barzelletta.
Se Cassidy avesse avuto un minimo di sale in zucca avrebbe capito che il piano del bad-boy è il progetto di un folle. Un piano che fa acqua da tutte le parti, a cominciare proprio dai criteri che lo hanno condotto a scegliere lei come comprimaria nella sua realizzazione. Criteri che ancora, per la mie deboli capacità cerebrali, appaiono imperscrutabili nonostante abbia trascorso ore a cercare di capire. Ditemi voi come sia possibile che Richard, solo guardandola in fotografia, individui in Cass la persona giusta per ricoprire il delicato ruolo che intende affidarle. E chiaramente non parlo di un ruolo cinematografico dal momento che il nostro protagonista non sta selezionando il cast per una nuova pellicola holliwoodyana. No, signori miei. Richard ha bisogno di una persona forte, sicura, affidabile. Incline al sacrificio. Al pericolo. Una persona pronta a rinunciare alla propria vita pur di dedicarsi a una causa dall’importanza elevatissima. Da dove viene la certezza del nostro eroe? Cosa gli fa credere senza remore che Cassidy sia colei a cui potrà affidare ciò che per lui vale più della sua stessa vita? Vero è che alcune culture ritengono che l’immagine di una persona ne contenga l’anima ma a tutto avrei pensato tranne che il nostro oscuro Mr Tiernan nascondesse uno spirito da sciamano.
La situazione stava diventando problematica. Iniziando la lettura non pensavo di dover provare sensazioni così particolari e contrastanti. Si alternavano – a seconda del punto di vista adottato – ilarità e irritazione. Entrambe in egual misura. Richard mi indignava per l’intollerabile mancanza di decenza ma non poteva non divertirmi per le sue idee al limite del paradossale. Innegabilmente la storia aveva un che di grottesco. Ma al pensiero di Cassidy ogni sentimento ilare mi abbandonava. Venivo presa da un profondo turbamento, acuito dall’imperdonabile leggerezza con cui la Stuart è stata capace di denigrarla. Ironia e humor non mi aiutavano ad alleviare quella sorta di risentimento, quasi disgusto, da cui ero sopraffatta ogni volta che realizzavo quanto la nostra eroina fosse debole nella sua rappresentazione del mondo femminile. Quando leggo una storia sono irrimediabilmente attratta dalla figura maschile ma non perdo mai di vista il modo in cui le dinamiche della relazione influiscono sulla protagonista, che diventa la cartina al tornasole attraverso cui giudico senza appello il lui di turno. Non accetto che un’autrice immoli la sua creatura all’altare di un’opinabile divinità maschile da idolatrare a ogni costo. In quanto donna mi sento vituperata da questo copione che porta in scena interpreti stupide e senza spina dorsale.
Trovo che Anne Stuart nei suoi libri riveli di essere una donna che non ama le donne, relegandole a un ruolo da comparse, con l’unico scopo di nutrire un ego maschilista marcatamente fallocrate e misogino. E io nel mio immaginario emotivo ambisco a qualcosa di più che trovarmi di fronte un uomo che, senza scrupoli, mi squalifica e deprezza, mi vede come un oggetto, qualcosa da utilizzare per il proprio tornaconto.
Non gli restava che sperare di averla trascinata così in là da renderle impossibile fuggire da lui. Per quanto ardentemente desiderasse scappare, i fili della sua ragnatela erano troppo lunghi e resistenti e l’avrebbero intrappolata.
Più leggevo più rimanevo basita. Da dove deriva il convincimento che l’obiettivo di legare a sé Cassidy potesse avere successo? Richard dà troppo credito alla propria abilità di vincere una donna. Fa affidamento su una supposta capacità, quasi infallibile, di attirarla dove vuole lui. Vuole incatenarla. È certo di incatenarla. Come se l’amore o i legami potessero nascere e crearsi solo in seguito a una discutibile pianificazione unilaterale. Richard Tiernan è convinto, nel suo stato di estraniamento dalla realtà – infatti non mi spiego altrimenti le sue elucubrazioni – di trovarsi in un’immaginaria sala di controllo da cui può decidere le sorti degli altri. Giocando coi loro sentimenti. Procurandosi l’abnegazione e la fedeltà di una donna semplicemente schiacciando dei pulsanti secondo il proprio capriccio. Come se avesse di fronte degli automi da programmare!
Lui e la Stuart vorrebbero far credere al loro pubblico che funziona così, ma non hanno tenuto conto che per quanto si voglia accettare di entrare nella storia, sospendendo la propria incredulità, non ci si può certo trasformare in creduloni. Il fatto che si tratti di fiction non basta a farci accettare qualunque trovata inverosimile o poco plausibile. Un lettore attento e maturo non attacca al chiodo il proprio senso critico solo perché ciò che viene narrato non è reale, e di certo la storia che via via prendeva forma abusava troppo della sua benevolenza. Gli si stava chiedendo non un semplice atto di affidamento all’autore ma addirittura di spegnere il cervello.
L’ingresso nel mondo della Stuart e dei suoi bad-boy iniziava, dunque, nel peggiore dei modi. Non mi bastava per cambiare idea sul protagonista che anche lui finisse col rimanere impigliato nella rete dell’attrazione e dell’amore. Troppo gravi le colpe di cui si era macchiato. A questo punto, dopo avere brancolato nel Buio – consentitemi il facile gioco di parole – per quasi l’intera lettura vedevo tutto con chiarezza: Buio non era il capolavoro inarrivabile osannato in lungo e in largo. Tuttavia non era il momento di fermarsi. Un unico ostacolo nel viaggio di esplorazione dell’universo Stuart non bastava a scoraggiarmi. Anzi! Senza esitazioni dovevo proseguire e affrontare la tappa seguente. Ma di questo vi parlerò nel prossimo appuntamento col Bad-boy club. A presto.