Badisco e ricordi

Creato il 10 settembre 2012 da Cultura Salentina

Porto Badisco

Un giorno di tanti anni fa, all’uscita dalla scuola, in via Riccardo Rubrichi, l’anziano pescatore gli volle raccontare il messaggio che gli era venuto fuori dal cuore, in una mite notte di maggio, al cospetto della sua dolce Principessa della Luna:“Prendi il mio tempo e portalo con te. Fanne l’uso che credi. Trattalo – se vuoi – persino come un foglio di carta straccia, ma portalo con te, dovunque tu vada. Solo così sarò certo di restare sempre accanto alla donna che amo”. Quello stesso giorno, all’imbrunire, prese la sua barca, vecchia come lui, e cominciò a remare e remare lentamente, fin oltre l’orizzonte; poi si inerpicò lungo la scia luminosa della luna e sparì, lassù, a vivere finalmente il suo sogno.

Quella frase lo accompagnò durante la fanciullezza e l’adolescenza, durante la quale però la sua grande timidezza gli impedì di coronare il suo grande sogno d’amore.

Passarono gli anni e i colori accesi di questa e di tante altre vicende fantastiche e gloriose della fanciullezza e dell’adolescenza si stinsero lentamente, ma inesorabilmente, sotto l’effetto varechina della vita da adulto: il grigio fumo dello stress e degli affanni quotidiani riempirono di immagini in bianco e nero ingiallito l’album dei ricordi da destinarsi alle generazioni future.

‎S’incamminò sull’incerto asfalto che conduce al porticciolo di Badisco e intravide un’esile figura di donna che procedeva davanti a lui, lentamente, a braccia conserte. Riconobbe quell’andatura ed ebbe un sussulto: era lei, proprio lei, dopo tanti anni!

La raggiunse. Si fermarono a parlare seduti sul muricciolo per ore ed ore. Venne a distoglierli da quell’aura di magia una proterva oscurità, sia pur temperata dalla scia d’argento della luna sul quel mare piatto e quasi sonnacchioso. Si separarono a fatica e di controvoglia, ma certo non senza un evidente imbarazzo… Nonostante ne avessero avvertito entrambi forte il desiderio, non riuscirono a scambiarsi nessun bacio, nessuna carezza, nessun arrivederci.

Lui però si illuse che quell’attimo di magia potesse ripetersi presto e progettò un piano ad effetto che l’avrebbe portata per sempre accanto a sé… E tornò sul vecchio sentiero, giorno dopo giorno, finché un pomeriggio, come in una fiaba, lei riapparve… Ovviamente cercò di ricreare l’armonia e la fece sedere, come quel magico giorno, di fronte a lui, sul muretto merlato del sentiero del porto, ma purtroppo vennero fuori solo frasi scontate, inutili, quasi crudeli.

Tornato a casa, accese lo stereo, sprofondò stancamente sulla poltrona e, sollevando lo sguardo verso il soffitto, per seguire, come Eugenio Montale in “Nuove stanze”, la sinuosa scia giallastra della sua Galoise, al greve rintocco della martinella gli tornò alla mente uno degli ultimi preziosi insegnamenti ricevuti dell’anziano pescatore: “Sappi che per tutti c’è un tempo per sognare, uno per vivere ed uno per ricordare: quando i ricordi prevarranno sui sogni, capirai di essere quasi morto nell’anima, ma potrai continuare a vivere persino in armonia nutrendoti dei tuoi ricordi più belli; forse con un po’ di rammarico o con tanti rimpianti, questo sì, ma se non avvertirai alcun rimorso, sarà già tanto. Le vicende della vita non si ripetono (quasi) mai, ma quelle che contano restano immortali, scolpite per sempre nella memoria”.

Poi tornare a sedere, sul molo:
sentirla, presente,
e capire che il tempo ch’è andato
non tornerà più


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