Il modello digitale complessivo delle terme di Baia
A come archeologia – con la A maiuscola – per parlare di una eccezionale avventura scientifica durata un quarto di secolo che ora ci permette di rivivere le scenografie, con le moderne tecniche digitali, degli antichi edifici sommersi del quartiere termale di Baia, l’antica città di epoca imperiale sprofondata sei metri sotto il mare nel golfo di Pozzuoli (vedi il nostro articolo di aprile). La storia di questa lunga avventura l’ha raccontata lo stesso protagonista sul numero di gennaio del mensile Archeologia Viva e noi ne proponiamo alcuni stralci. Si chiama Nicolai, di nome, Lombardo di cognome, ha 48 anni, è nato in quel di Rivoli, nelle vicinanze di Torino, ma Pozzuoli è il suo paese d’adozione. Di mestiere fa l’archeologo, e a partire dal 1984 intraprese, insieme a un gruppo di ricercatori del Centro Campano di Archeologia Subacquea i rilievi sulle grandiose architetture superstiti rivelando tutti i segreti del patrimonio archeologico sommerso dei Campi Flegrei, affrontando da perfetto autodidatta senza nessuna esperienza di grafica 3D, la modellazione, il rendering, l’animazione, l’auto Cad.Nicolai Lombardo
I risultati di questa faticosa ma esaltante esperienza sono confluiti in una serie di pubblicazioni e hanno consentito la creazione, da parte del Ministero dell’Ambiente con il Ministero dei Beni Culturali e la Regione Campania, del “Parco Sommerso di Baia” (D.I. 7.08.2002). Ecco il suo emozionante racconto:“Erano ormai numerosi anni che ci immergevamo in quella zona, conoscevano, per averlo accuratamente misurato e “posizionato”, ogni muretto, ogni pietra, ogni manufatto presente sul fondale.
Dalle misurazione manuale della lunghezze dei muri che emergevano dalla sabbia, della strada sommersa, dei gradini di accesso alle terme, la planimetria del frigidario, ai primi disegni a mano, dalla ricostruzione delle fasi di vita che si svolgevano in quel quartiere sommerso disegnate con colori diversi per distinguerle l’una dall’altra.” Centinaia di immersioni e tanta, tanta pazienza e meticolosità nel raccogliere dati anche i più insignificanti. Il rilievo delle terme era pressoché concluso, ma Lombardo era assillato dalla forma “misteriosa” del ninfeo emidecagonale triabsidato, e continua: “Ne schizzavo la pianta ovunque e in qualsiasi occasione, cercando di immaginare come potesse essere stata la sua volumetria originaria. I miei appunti universitari di quel periodo mostrano una serie infinita di piccoli schizzi di questo enigmatico edificio, finché un giorno ne disegnai due di grandezza pressappoco uguale distanziate, una sull’altra, di pochi centimetri.
Frigidarium
Il passo successivo venne da solo: unii angoli e spigoli di quelle due planimetrie con delle linee. Non credevo ai miei occhi. Avevo ottenuto la volumetria del ninfeo! Da quel momento adottai quella tecnica su tutti gli edifici delle terme fino ad ottenere una sorta di assonometria dell’intero quartiere.A sinistra: dopo il modello digitale ricavato dal rilievo diretto, ecco la ricostruzione dell’articolata volumetria del frigidarium con pavimenti e pareti decorati sfarzosamente.
La tecnica era a dir poco naif ma mi dava una soddisfazione immensa; a quelle primitive assonometrie sottraevo poi l’ingombro degli ingressi marcati dagli spazi vuoti della planimetria, ottenendo in tal modo una generica volumetria.
La fase successiva mi vide impegnato in una serie di tentativi di tipo “pittorico”: sulla base della volumetria e di uno spiccato “senso dello spazio fisico” iniziai a disegnare vedute ricostruttive del frigidario. Ripassavo poi questi disegni a china con pennini di vario spessore ed infine li coloravo o vi appiccicavo sopra costosissimi retini colorati ottenendo (dopo giorni e giorni di misura-taglia-incolla) una sorta di moderne gauches. Il risultato mi rendeva euforico. I miei genitori ed i miei amici adesso riuscivano a “vedere” quello che io intuivo già da anni. Finalmente potevo mostrare al mondo quello che avevamo scoperto sei metri sotto il mare di Baia.”
Ma la svolta è nel 1988 quando Lombardo si avvicina a un computer e, continua il suo racconto, “Ebbi l’opportunità di apprendere i primi rudimenti di una “scienza” a cui, sul mio blocco note, diedi il nome di computeraggini. Il mezzo tecnico non mi entusiasmava; la mia formazione di tipo classico non prevedeva l’utilizzo di queste macchine complicate e sconosciute di cui, all’epoca, non potevo immaginare le straordinarie potenzialità. Ma di li a qualche mese, concluso il corso di informatica di base, la mia vita era cambiata: avevo capito che con il computer potevo disegnare e non perdevo occasione per “sperimentare” tutte le possibili vie per raggiungere il mio obiettivo. Però le macchine alle quali avevo accesso, non disponevano di software specifici per il disegno (oggi diremmo disegno assistito da calcolatore, ossia CAD) e quindi, spasmodicamente, mi accanivo con sistemi poco ortodossi. Riuscii ad ottenere, dopo mesi di prove, addirittura una planimetria del frigidario delle terme sommerse di Baia disegnandola in Basic!
Rilievo del frigidarium
Dopo qualche tempo, abbandonato il 2D passai con grande emozione al 3D. Mi impegnai tantissimo per decifrare comandi assolutamente sconosciuti (i comandi all’epoca non erano evidenziati da icone colorate ma da asettici termini in inglese), scovare insospettabili menù a scomparsa, e poi le coordinate spaziali da impostare, le viste prospettiche da gestire, la camera, la scelta dell’obiettivo e tutto quanto si può immaginare che possa rendere irta di difficoltà la strada che porta al risultato desiderato.Parallelamente aumentavano anche i quesiti di tipo architettonico: dov’erano posizionate le finestre in ogni singolo ambiente? Che tipo di copertura prevedevano questi vani ora enormi ed articolatissimi, ora angusti e quasi nascosti? Un paziente lavoro di confronto con altri edifici imperiali mi fornì le risposte che cercavo. Da considerare che internet non esisteva ed ogni quesito, ogni dubbio poteva essere sciolto solo alzandosi di buon mattino e dirigendosi a Napoli o a Roma. Centinaia furono le visite alle biblioteche universitarie o in soprintendenza dove trascorsa l’intera giornata, a volte, capitava di poter tornare a casa con qualche confronto calzante o con qualche idea risolutiva di un problema squisitamente costruttivo.
Giunsi, alla fine di questo lungo percorso, ad una ricostruzione delle terme sommerse a Baia. Avevo creato la volumetria completa di questo quartiere e lo visualizzavo in wireframe su fondo nero. Riuscivo a dare la sensazione dello spessore delle pareti e dei vuoti delle porte e delle finestre, attivando un comando (per me il più bello in assoluto) in grado di riconoscere e nascondere quelle linee che fisicamente si trovavano dietro a quelle che delimitavano le pareti in primo piano. Potevo ritenermi soddisfatto, erano trascorsi molti anni dall’acquisto di quel rotolo di lucido e quelle due scatole di pastelli; adesso disponevo un corposo archivio di disegni in 2D e 3D con slides che fissavano le viste prospettiche che ritenevo più efficaci per la comprensione delle volumetrie e tutti, Pompeo compreso, si complimentavano per i risultati che ero stato in grado di raggiungere.
Ma in quel periodo ero assillato da un altro pensiero: creare il movimento.
Scoprii che il software che utilizzavo disponeva di un comando mediante il quale, “scattate” una serie di slides, era possibile creare uno “script” che una volta avviato visualizzava in sequenza, con un intervallo precedentemente determinato, le slides sapientemente create, dando la sensazione di vedere una animazione. Trascorsi mesi nella ricerca delle viste migliori e nella creazione di slides appropriate che poi, visualizzate in sequenza, potessero dare l’impressione di una camera che gira intorno ad un edificio tridimensionale. Creai uno script chilometrico: nome della slide, accapo, tempo di permanenza sullo schermo, accapo, comando di passaggio alla slide successiva, accapo, nome della slide……. Un lavoro snervante che occupava giornate intere e che alla fine restituiva nient’altro che una sequenza di immagini fisse! Il problema era nel tempo di permanenza delle singole slides; il programma non era strutturato per creare animazioni ma, al massimo, semplici proiezioni di “diapositive”. Questo gap era insormontabile ed io ero ad un punto morto.”
“…Da quel momento iniziò un periodo lungo e faticosissimo perché accanto alla necessaria acquisizione degli innumerevoli strumenti che il software mi forniva, maturava anche la consapevolezza che i miei disegni non erano affatto privi di errori per correggere i quali era indispensabile dedicare molto tempo ad una accurata documentazione storica, architettonica ed archeologica. Col tempo di pari passo è migliorata la resa visiva (grazie alle soluzioni offerte dal programma informatico) e la verosimiglianza dei miei modelli digitali con edifici ormai scomparsi per sempre (in virtù di un più accurato studio di confronto con antichi edifici noti).
Nel 2009 questo percorso lunghissimo ha visto la sua conclusione: una pubblicazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche, Dipartimento Patrimonio Culturale, espone i risultati scientifici di questa pluriennale ricerca e corona il sogno di una vita.
Adesso si apre una nuova fase: presentare al vasto pubblico degli appassionati l’originario splendore di questi antichi edifici sommersi nel mare di Baia.”
Fotografie e disegni di Nicolai Lombardo.
Il percorso e l’articolata forma architettonica del quartiere termale: 1) strada sommersa, 2) corte di accesso al ninfeo, 3) cortile del ninfeo, 4) ninfeo emidecagonaale absidato, 5) ambiente pentagonale, 6) ambulacro di accesso alle terme, 7) cortile-palestra, 8) disimpegno, 9) spogliatoio, 10) calidarium, 11) tepidarium, 12) latrine, 13) frigidarium, 14) piscina, 15) ambiente pentagonale, 16) disimpegno