Balotelli è stato svenduto. Se prendiamo per buone le allucinanti, inaccettabili quotazioni che tengono banco nel calciomercato d'oggidì, cedere per una ventina di milioni (più o meno) un attaccante di 24 anni appena compiuti, di discreto curriculum anche internazionale, in un momento di notevole difficoltà (più umana che tecnica, anche se un aspetto influenza l'altro) ma potenzialmente in grado di rivalutarsi alla grande nel giro di un paio di stagioni, beh, non mi pare propriamente una genialata, al di là dei discorsi sulle plusvalenze favorevoli al Milan di cui leggevo stamattina. Del resto appena due mesi fa, prima del Mondiale, lo stesso atleta poteva essere dato via, per quel poco che me ne intendo, ricavandone diversi milioncini in più, diciamo almeno una decina. Insomma, il "Mario non più super" in volo verso Liverpool è una sconfitta per molti: per lui (e di questo parleremo più avanti), per il calcio italiano che perde uno dei primattori del suo già spoglio palcoscenico interno, un protagonista ancor giovane che, se inquadrato nella giusta maniera, potrebbe deflagrare a livelli al momento inimmaginabili (pur se in grosso ritardo rispetto alle attese), e per la società rossonera, che ha gettato la spugna preferendo una monetizzazione immediata alla sfida, ardua ma affascinante, di recuperarlo caratterialmente e rilanciarlo, facendone il fulcro delle speranze di risalita di un top club in declino. PERDE MARIO - Sconfitta anche per Mario, sì, nonostante le apparenze dicano l'esatto contrario. In fondo se ne va in un campionato di primissimo piano, con appeal nettamente superiore a quello nostrano, in una squadra di vertice, e continuerà a guadagnar bene (eufemismo). E' un ragazzo fortunato, il Balo: perché dopo l'ennesima occasione mancata per entrare nell'Olimpo dei più grandi, a giugno in Brasile, non era facile prevedere per lui la possibilità di giocarsi subito un'altra sfida ad altissimo livello, anzi, di andare a star meglio, lontano dalle tristezze di una Serie A sempre più modesta. La logica avrebbe detto: resterà al Milan perché nessuno vorrà accollarsi la patata bollente. E secondo me sarebbe stata una buona scelta per tutti: per il Diavolo, che comunque si sarebbe ritrovato in rosa uno che nell'ultimo torneo, giocato spesso con la luna di traverso e in un contesto tecnico dimesso, ha infilato in porta 14 palloni quasi passeggiando, quindi con margini di miglioramento sulla carta abissali; per Inzaghi, pungolato dalla necessità di inventarsi una strategia finalmente efficace, dopo i fallimenti di tanti "buoni padri di famiglia" (ultimo in ordine cronologico, Cesare Prandelli), per mettere in riga il ragazzo e tirare fuori l'ipotetico campione che è in lui; e per Mario stesso, che avrebbe avuto una serie di valide ragioni per mettere da parte la rabbia col mondo immotivata e l'indolenza in campo: ad esempio dimostrare di non essere solo un bad boy da copertine di rotocalchi, e riguadagnare a suon di prestazioni convincenti un posto in Nazionale che non può spettargli per diritto divino, il tutto nella consapevolezza che ormai il tempo stringe. E invece anche per lui, in fondo, si è trattato di una dorata fuga dalle proprie responsabilità. LE POTENZIALITA' DEL RAGAZZO - Chi mi segue sa che "Note d'azzurro" ha sempre avuto un occhio di riguardo per Balotelli, pur non mancando di deprecarne gli eccessi. Elencare le motivazioni di questa "linea editoriale" sarebbe forse una inutile ripetizione, per i miei pochi lettori. In sintesi, posso dire di aver da sempre visto in Mario potenzialità calcistiche enormi: classe nei piedi, strapotere fisico, tiro devastante, e quelli che al bar sport chiamano "colpi", fiammate improvvise, magari isolate, capaci di cambiare volto a una partita (tra le tante, ricordo un'incredibile prodezza dalla distanza col Bologna, nel campionato scorso); in più, nei (pochi) momenti di... luna buona, persino la capacità di giocare per la squadra, di sacrificarsi, di "sbattersi" facendo reparto da solo (pensiamo all'ultimo biennio in Nazionale, giocato spesso da unica punta autentica). Aggiungiamoci il fatto che ben pochi ragazzi del nostro vivaio, negli ultimi dieci anni, hanno avuto, all'esordio, un impatto così devastante col calcio "adulto": forse il solo El Shaarawy, ecco. E poi le statistiche: non molti attaccanti azzurri di primo piano son riusciti, nelle loro prime tre stagioni "vere" in maglia tricolore, a raggiungere quota 13 reti come lui; se pensiamo che alcuni bomber storici (Vieri e Inzaghi, ad esempio) si sono attestati, a fine percorso, poco oltre i venti gol, capiremo la portata dell'attuale score (parzialissimo) del neo Liverpool, per di più ottenuto giocando spesso ben al di sotto del 100 per 100 delle effettive capacità. O SI SBLOCCA, O SARA' "CASSANO II" - Credevo, e credo, talmente in lui da avergli dedicato una lettera aperta prima del Mundial. Poi, in Brasile le cose sono andate male, ma a ben vedere Mario, comunque insufficiente nel complesso delle prestazioni iridate, non è stato affatto peggiore di molti suoi compagni che, nella circostanza, hanno davvero raschiato il fondo del barile della credibilità calcistica; e quello spogliatoio italiano, rivelatosi così profondamente minato dalle divisioni, non era certo il brodo di coltura ideale per permettere a un umorale, uno complicato come lui di esprimere al massimo la propria classe. Ciò non toglie che il ragazzo sia all'ultimo bivio della carriera: da qui in poi non può più sbagliare. Lo si era detto per l'avventura milanista, lo si è ripetuto per lo snodo cruciale di Brasile 2014, ma adesso ci siamo davvero: se anche Liverpool dirà no, Balotelli diventerà ufficialmente il nuovo Cassano, un talentissimo inespresso per limiti caratteriali destinato a recitare ruoli di primo piano soltanto ai margini dell'impero calcistico, in realtà di provincia dignitose ma certo non attendibili metri per misurare la caratura di un pedatore: e infatti abbiamo visto quali sfracelli ha combinato, il pugliese, una volta travasato dal Parma all'arengo della Coppa del Mondo... MA E' COSI' DIFFICILE DISCIPLINARLO? - Non essere riuscito a vincere questa sfida con se stesso in Italia, in un ambiente a lui sostanzialmente favorevole (nel club, in Nazionale, persino a livello di critica) è una sconfitta, lo ribadisco. Ma rimangono anche i dati di fatto di cui sopra, che attestano quali gioielli racchiuda l'impenetrabile scrigno... balotelliano, sol che qualcuno riesca finalmente a forzarlo. Il problema è tutto qui: la maggioranza di appassionati ed esperti ritiene che ormai questa operazione sia irrealizzabile, che il ragazzo sia entrato in un circolo vizioso da cui non potrà uscire, che la situazione sia cristallizzata in negativo. Questione di opinioni, e la mia è opposta. Certo, d'ora in poi occorrerà inflessibilità (magari a partire da una temporanea e salutare esclusione dalla Nazionale, come auspicavo in uno dei miei pezzi post disastro Mundial): verso il ragazzo per chi dovrà allenarlo ed "educarlo", e di Balotelli verso se stesso. Sensazione personale: fino ad ora, per cambiare questo stato di cose c'è stato poco impegno da ambo le parti: da parte di Mario, sul quale Prandelli ha espresso l'unica valutazione corretta (o una delle poche) del suo secondo biennio azzurro ("deve uscire dal suo mondo virtuale") e da parte di chi lo ha avuto "in cura" (allenatori e dirigenti), non riuscendo a trovare la chiave giusta per indirizzarlo correttamente e disciplinarlo, ciò che dovrebbe essere un loro compito, oltre a tracciar schemi tattici alla lavagna o a comprare e vendere calciatori; perché parliamoci chiaro, il siculo - bresciano sarà anche un ribelle difficile da domare, ma non penso proprio rappresenti un caso umano irrisolvibile, di fronte al quale alzare le braccia in segno di resa. Non scherziamo... Ecco, spero che a Liverpool l'impegno di tutti non manchi, perché il gioco continua a valere la candela: si parla del recupero di un calciatore di classe, e dello "svezzamento" di un uomo un po' bambino, il cui carattere, a 24 anni, può e deve essere ancora modificabile in meglio. Perché di modificare si parla, non di trasformare: ammorbidire e smussare gli angoli, semplicemente. Sarà la volta buona?
Balotelli al liverpool: sconfitta per il milan, per il calcio italiano, per lui. mario, e' l'ultima chance
Creato il 22 agosto 2014 da CarlocaBalotelli è stato svenduto. Se prendiamo per buone le allucinanti, inaccettabili quotazioni che tengono banco nel calciomercato d'oggidì, cedere per una ventina di milioni (più o meno) un attaccante di 24 anni appena compiuti, di discreto curriculum anche internazionale, in un momento di notevole difficoltà (più umana che tecnica, anche se un aspetto influenza l'altro) ma potenzialmente in grado di rivalutarsi alla grande nel giro di un paio di stagioni, beh, non mi pare propriamente una genialata, al di là dei discorsi sulle plusvalenze favorevoli al Milan di cui leggevo stamattina. Del resto appena due mesi fa, prima del Mondiale, lo stesso atleta poteva essere dato via, per quel poco che me ne intendo, ricavandone diversi milioncini in più, diciamo almeno una decina. Insomma, il "Mario non più super" in volo verso Liverpool è una sconfitta per molti: per lui (e di questo parleremo più avanti), per il calcio italiano che perde uno dei primattori del suo già spoglio palcoscenico interno, un protagonista ancor giovane che, se inquadrato nella giusta maniera, potrebbe deflagrare a livelli al momento inimmaginabili (pur se in grosso ritardo rispetto alle attese), e per la società rossonera, che ha gettato la spugna preferendo una monetizzazione immediata alla sfida, ardua ma affascinante, di recuperarlo caratterialmente e rilanciarlo, facendone il fulcro delle speranze di risalita di un top club in declino. PERDE MARIO - Sconfitta anche per Mario, sì, nonostante le apparenze dicano l'esatto contrario. In fondo se ne va in un campionato di primissimo piano, con appeal nettamente superiore a quello nostrano, in una squadra di vertice, e continuerà a guadagnar bene (eufemismo). E' un ragazzo fortunato, il Balo: perché dopo l'ennesima occasione mancata per entrare nell'Olimpo dei più grandi, a giugno in Brasile, non era facile prevedere per lui la possibilità di giocarsi subito un'altra sfida ad altissimo livello, anzi, di andare a star meglio, lontano dalle tristezze di una Serie A sempre più modesta. La logica avrebbe detto: resterà al Milan perché nessuno vorrà accollarsi la patata bollente. E secondo me sarebbe stata una buona scelta per tutti: per il Diavolo, che comunque si sarebbe ritrovato in rosa uno che nell'ultimo torneo, giocato spesso con la luna di traverso e in un contesto tecnico dimesso, ha infilato in porta 14 palloni quasi passeggiando, quindi con margini di miglioramento sulla carta abissali; per Inzaghi, pungolato dalla necessità di inventarsi una strategia finalmente efficace, dopo i fallimenti di tanti "buoni padri di famiglia" (ultimo in ordine cronologico, Cesare Prandelli), per mettere in riga il ragazzo e tirare fuori l'ipotetico campione che è in lui; e per Mario stesso, che avrebbe avuto una serie di valide ragioni per mettere da parte la rabbia col mondo immotivata e l'indolenza in campo: ad esempio dimostrare di non essere solo un bad boy da copertine di rotocalchi, e riguadagnare a suon di prestazioni convincenti un posto in Nazionale che non può spettargli per diritto divino, il tutto nella consapevolezza che ormai il tempo stringe. E invece anche per lui, in fondo, si è trattato di una dorata fuga dalle proprie responsabilità. LE POTENZIALITA' DEL RAGAZZO - Chi mi segue sa che "Note d'azzurro" ha sempre avuto un occhio di riguardo per Balotelli, pur non mancando di deprecarne gli eccessi. Elencare le motivazioni di questa "linea editoriale" sarebbe forse una inutile ripetizione, per i miei pochi lettori. In sintesi, posso dire di aver da sempre visto in Mario potenzialità calcistiche enormi: classe nei piedi, strapotere fisico, tiro devastante, e quelli che al bar sport chiamano "colpi", fiammate improvvise, magari isolate, capaci di cambiare volto a una partita (tra le tante, ricordo un'incredibile prodezza dalla distanza col Bologna, nel campionato scorso); in più, nei (pochi) momenti di... luna buona, persino la capacità di giocare per la squadra, di sacrificarsi, di "sbattersi" facendo reparto da solo (pensiamo all'ultimo biennio in Nazionale, giocato spesso da unica punta autentica). Aggiungiamoci il fatto che ben pochi ragazzi del nostro vivaio, negli ultimi dieci anni, hanno avuto, all'esordio, un impatto così devastante col calcio "adulto": forse il solo El Shaarawy, ecco. E poi le statistiche: non molti attaccanti azzurri di primo piano son riusciti, nelle loro prime tre stagioni "vere" in maglia tricolore, a raggiungere quota 13 reti come lui; se pensiamo che alcuni bomber storici (Vieri e Inzaghi, ad esempio) si sono attestati, a fine percorso, poco oltre i venti gol, capiremo la portata dell'attuale score (parzialissimo) del neo Liverpool, per di più ottenuto giocando spesso ben al di sotto del 100 per 100 delle effettive capacità. O SI SBLOCCA, O SARA' "CASSANO II" - Credevo, e credo, talmente in lui da avergli dedicato una lettera aperta prima del Mundial. Poi, in Brasile le cose sono andate male, ma a ben vedere Mario, comunque insufficiente nel complesso delle prestazioni iridate, non è stato affatto peggiore di molti suoi compagni che, nella circostanza, hanno davvero raschiato il fondo del barile della credibilità calcistica; e quello spogliatoio italiano, rivelatosi così profondamente minato dalle divisioni, non era certo il brodo di coltura ideale per permettere a un umorale, uno complicato come lui di esprimere al massimo la propria classe. Ciò non toglie che il ragazzo sia all'ultimo bivio della carriera: da qui in poi non può più sbagliare. Lo si era detto per l'avventura milanista, lo si è ripetuto per lo snodo cruciale di Brasile 2014, ma adesso ci siamo davvero: se anche Liverpool dirà no, Balotelli diventerà ufficialmente il nuovo Cassano, un talentissimo inespresso per limiti caratteriali destinato a recitare ruoli di primo piano soltanto ai margini dell'impero calcistico, in realtà di provincia dignitose ma certo non attendibili metri per misurare la caratura di un pedatore: e infatti abbiamo visto quali sfracelli ha combinato, il pugliese, una volta travasato dal Parma all'arengo della Coppa del Mondo... MA E' COSI' DIFFICILE DISCIPLINARLO? - Non essere riuscito a vincere questa sfida con se stesso in Italia, in un ambiente a lui sostanzialmente favorevole (nel club, in Nazionale, persino a livello di critica) è una sconfitta, lo ribadisco. Ma rimangono anche i dati di fatto di cui sopra, che attestano quali gioielli racchiuda l'impenetrabile scrigno... balotelliano, sol che qualcuno riesca finalmente a forzarlo. Il problema è tutto qui: la maggioranza di appassionati ed esperti ritiene che ormai questa operazione sia irrealizzabile, che il ragazzo sia entrato in un circolo vizioso da cui non potrà uscire, che la situazione sia cristallizzata in negativo. Questione di opinioni, e la mia è opposta. Certo, d'ora in poi occorrerà inflessibilità (magari a partire da una temporanea e salutare esclusione dalla Nazionale, come auspicavo in uno dei miei pezzi post disastro Mundial): verso il ragazzo per chi dovrà allenarlo ed "educarlo", e di Balotelli verso se stesso. Sensazione personale: fino ad ora, per cambiare questo stato di cose c'è stato poco impegno da ambo le parti: da parte di Mario, sul quale Prandelli ha espresso l'unica valutazione corretta (o una delle poche) del suo secondo biennio azzurro ("deve uscire dal suo mondo virtuale") e da parte di chi lo ha avuto "in cura" (allenatori e dirigenti), non riuscendo a trovare la chiave giusta per indirizzarlo correttamente e disciplinarlo, ciò che dovrebbe essere un loro compito, oltre a tracciar schemi tattici alla lavagna o a comprare e vendere calciatori; perché parliamoci chiaro, il siculo - bresciano sarà anche un ribelle difficile da domare, ma non penso proprio rappresenti un caso umano irrisolvibile, di fronte al quale alzare le braccia in segno di resa. Non scherziamo... Ecco, spero che a Liverpool l'impegno di tutti non manchi, perché il gioco continua a valere la candela: si parla del recupero di un calciatore di classe, e dello "svezzamento" di un uomo un po' bambino, il cui carattere, a 24 anni, può e deve essere ancora modificabile in meglio. Perché di modificare si parla, non di trasformare: ammorbidire e smussare gli angoli, semplicemente. Sarà la volta buona?
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