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Balthus in doppia mostra alle Scuderie del Quirinale ed a Villa Medici: il surrealismo malizioso ed inquieto a Roma

Creato il 27 gennaio 2016 da Alessiamocci

Balthus è un fuori classe. All’interno delle sue tele, Balthus mantiene e promette un enigma per l’osservatore. Un rebus che forse, neanche lui ha mai saputo svelare.

Balthasar Klossowski de Rola nasce a Parigi nel 1908, da un noto critico d’arte e da madre russa, pittrice, letterata, amante dei salotti intellettuali. Sotto gli influssi del Rinascimento Italiano e della geometrica plasticità di Piero della Francesca, Balthus approfondisce un tema a lui caro, frutto, forse, di un trauma infantile, dedicandosi ad una presa diretta sull’infanzia.

Nelle omonime tele chiamate “La strada” (1929 e 1933) incontriamo volti solitari, metropolitani, spenti dal periodo storico del primo dopoguerra. È qui che conosciamo, per la prima volta, i tratti di una gestualità inconsueta: un uomo ad occhi socchiusi trattiene tra le braccia una ragazza, sfiorandole il ventre basso, delicatamente vestito di una gonnella nera.

I volti piatti, non evocativi ma basiti ed immobili, sono tesi e dispersi. Balthus riprende la scena di un istante, i contorni di una posa rigida e fermata immediatamente con il colore. Non per questo si può dire che la sua sia una pittura frettolosa o libera di forme.

I suoi disegni sono nitidi e le sue intenzioni evidenti.

Le figure risultano sproporzionate e le pose sconnesse fanno dei suoi personaggi delle ironiche e maliziose entità, al limite di un perverso sguardo erotico. Le tinte risultano granulari, opache e vellutate; le ombre e le luci creano dei velami retrò.

Le sue opere sono un sipario spalancato sul teatro esperienziale dell’artista. Il suo è un mondo tutto personale, la sua, una visione trasgressiva ed aggressiva. Ma il teatro diventa, con il passare del tempo, un teatro degli orrori con la serie di bislacchi e improvvisi scenari grotteschi, caricature e animali travestiti. Di questa fase, ricordiamo “Il gatto del ‘Mediterranée’ ” (1949): un gatto antropomorfico brandisce forchetta e coltello, su un tavolo apparecchiato che affaccia sul mare; da un arcobaleno, che fuoriesce dallo specchio d’acqua, saltano pesci colorati.

Cala un’ombra sulle opere di Balthus: la sua osservazione è velata, spesso minacciata da un’inquietudine senza confini. Nera e lucida, la tela “Ragazza con pesci rossi” (1948) ha notevole impatto visivo: attorno ad un tavolo cui poggia una boccia con due pesci rossi, un gatto, una donna ed un bambino risultano statici figuranti. La luce che viene dall’esterno scintilla nel vetro dell’acquario, l’aria è ferma e cupa, il bambino ha un volto simile a quello del felino accovacciato sulla sedia: Balthus c’è. Ma dov’è?

Il parallelismo con Lewis Carroll, cui alcune fotografie sono esposte nella sezione intitolata “Al di là dello specchio” si pone nell’ambito fotografico: Balthus e Carroll si divertono a mettere in posa, bambini e gruppi di infanti per studiarne meglio i contorni innocenti.
È anche in questo ambito che vengono proposte una serie di 14 disegni, in inchiostro su carta raffiguranti scene familiari. Ma è in questi enigmatici schizzi che sono racchiusi i fantasmi del passato e i più estremi gesti di violenza che rendono Balthus un surrealista dai molteplici contorni.

Nella serie di paesaggi, cui l’artista si dedica in parte e, soprattutto, nel periodo di trasferimento nel Castello di Chassy nel Morvan (in Borgogna), periodo che concluderà la sua carriera artistica, la luce naturale sembra tagliare la scena a metà: ritroviamo in “Il Ciliegio” e in “Studio per la montagna” due figure umane immerse nell’ombra, ignare dell’osservatore. Nel paesaggio dietro stante, invece, la luce si staglia alta, tanto da dare l’illusione e la sensazione di pace, leggiadria e piacevolezza. Nelle tele sono impressi i segni delle ultime sperimentazioni tecniche: il “case-arti”, ad esempio è un preparato a base di caseina che riproduce qualità opache dell’affresco. Il colore si fa allora più limpido, meno granulare, le tinte più luminose e soffuse, sintomo forse di un percorso  che si conclude con uno sguardo più rilassato verso l’orizzonte del mondo.

La mostra è  visitabile fino al 31 gennaio a Roma, e si divide in due sedi: alle Scuderie del Quirinale, la retrospettiva e a Villa Medici, l’atelier. Il percorso alle Scuderie del Quirinale si articola in due piani, cui, 5 stanze ognuno, ospita le più grandi opere del pittore francese, provenienti da musei europei ed internazionali oltre che da prestigiose collezioni private. A Villa Medici si possono osservare le molteplici occasioni che hanno ispirato l’artista durante il suo soggiorno romano.

Written by Elisa Longo


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