Mercoledì 5 novembre 2008 «Oggi, dopo un’intensa mattinata di “scie chimiche”, abbiamo notato, su segnalazione di un collega di lavoro, la caduta dall’alto di parecchi filamenti, tipo “ragnatele”: erano circa le h. 15,00. Sembravano filamenti da “chemtrails”, come quelli caduti su Mondovì nel 2007 e che a suo tempo abbiamo analizzato. Il fenomeno è durato 15-20 minuti; ho raccolto al volo qualche campione con i pochi mezzi di fortuna che avevo a disposizione in ditta: vedremo se si riuscirà a stabilire qualcosa di più preciso. Alle 18:20, mentre chiacchieravo con un rappresentante in attesa della fine del turno, ho notato che i residui dei filamenti, precipitati qualche ora prima, erano ancora attaccati ai pali della luce, come fossero bandiere: mai vista una cosa del genere! Tutta la fila dei pali stradali era piena di questi filamenti, appena mossi dal vento e riflettenti la luce dei lampioni, come se contenessero polvere metallica (alluminio?); erano perfettamente visibili anche a 100 metri di distanza. Ho prelevato qualche filamento dai pali della luce con un tubo di ferro lungo 4 metri e li ho raccolti in alcune bustine. Il fenomeno è stato abbastanza impressionante! Domani ci vediamo, ché ti devo passare i campioni per le analisi, sperando che siano sufficienti. Ciao. Marcello».
Questa insolita quanto inquietante e-mail giungeva in tempo reale alla casella di posta elettronica del sottoscritto, responsabile scientifico del CUN (nonché vice-presidente di “GALILEO”, la denominazione della sede del CUN di Parma) da parte di uno dei Consiglieri della nostra Associazione. Immediatamente venivano avviate le procedure preliminari, per consentire le analisi dei suddetti filamenti, allertando la collega, nonché componente del C.D. di “Galileo”, DR.ssa Ilaria Alfieri, chimico industriale dell’Università di Parma. Ma le sorprese non erano finite: come un tam-tam, da quel momento continuarono a giungere notizie, da ogni parte del nord-Italia, della caduta di filamenti, apparentemente descritti tutti allo stesso modo. Gianfranco Degli Esposti, coordinatore CUN per l’Emilia, riferiva di “abbondanti” ricadute di simili filamenti a Bologna e Ferrara; a seguire, identiche segnalazioni provenivano da Vercelli, Milano, Buccinasco, Assago, Corsico e Pavia, unitamente a contemporanei avvistamenti di “flotillas” OVNI a Trento, Milano, Bologna e Firenze. Contemporaneamente, la coordinatrice nazionale del CUN, Simona Camiolo, provvedeva con tempismo veramente encomiabile ad assemblare tutte le notizie che pervenivano, sia da privati che da aderenti CUN, al suo indirizzo telematico e, in seguito, a ridistribuirle ai vari responsabili territoriali, onde consentire la tempestiva raccolta dei filamenti stessi. Trascorso circa un mese, una volta pervenuti tutti i campioni il cui invio era stato preannunciato, si è proceduto all’effettuazione delle analisi sui filamenti raccolti nelle segg.località: Parma (area industriale Forlanini), Bologna, Lippo di Calderara di Reno (BO), Vigarano Mainarda (FE), Buccinasco (MI) e Milano (Parco Nord). All’esame obiettivo, tutti questi campioni apparivano identici fra loro: responso poi confermato dalle analisi chimiche cui la DR.ssa Alfieri li ha sottoposti e che riportiamo a parte.
A questo punto, prima di avventurarci nell’esposizione delle possibili ipotesi circa la provenienza e, soprattutto, la funzione di questi “filamenti”, è doveroso stabilire COSA NON SONO.
NON SONO sicuramente la produzione (che risulterebbe a livello industriale, fra l’altro, per coprire l’estensione territoriale Vercelli–Milano/Bologna–Ferrara !) delle ghiandole serigene dei cosiddetti “ragni d’alta quota”, la cui esistenza (dal punto di vista entomologico) lasciamo appannaggio delle “leggende metropolitane”, con buona pace del CICAP.
NON SONO assimilabili, nemmeno lontanamente, ai filamenti di “bambagia silicea” (o “capelli d’angelo”, “cheveux d’ange” alla francese: si volatilizzarono in breve tempo, quasi “sublimandosi” a contatto delle mani, a differenza di quelli in oggetto, tuttora resistenti), caduti in concomitanza col passaggio a bassa quota di OVNI, su Oloron nel 1952 e su Firenze nel 1954. In quest’ultimo caso, grazie all’intraprendente solerzia di uno studente, allora laureando in ingegneria, si è potuta eseguire l’analisi chimica dei filamenti presso l’Istituto di Chimica Analitica dell’Università di Firenze. Il referto analitico conclude lapidariamente: “Sostanza a struttura macromolecolare, contenente boro, silicio, calcio e magnesio. In linea puramente ipotetica, potrebbe trattarsi di: vetro borosilicico. Firmato: il Direttore, Prof. G.Canneri”.
COSA SONO, ALLORA? Alla fine, per poter formulare qualche ipotesi non utopistica sulle origini di questi misteriosi filamenti, andiamo ad indagare da vicino la loro probabile struttura fine, partendo dal:
«Comportamento nei confronti della combustione - le fibre naturali animali (lana, seta) bruciano lentamente, emanando un odore di corno bruciato per la presenza della cheratina; lasciano residui di combustione friabili e carboniosi. Le fibre naturali vegetali (cotone, lino, canapa, juta) bruciano velocemente, con fiamma viva, rilasciando un odore di carta bruciata per la presenza della cellulosa e residuando ceneri impalpabili; le fibre artificiali si comportano come quelle naturali, a seconda della loro origine».
Le nostre analisi hanno verificato che, saggiandola alla fiamma, la sostanza di cui sono composti i filamenti allo studio emana odore di corno (o capello, pelo) bruciato, tipico delle strutture fibrose naturali di origine animale (abbiamo ripetuto la stessa sperimentazione anche sulla ragnatela: questa, se bruciata, emana lo stesso odore, anche se molto meno intenso). Questo, pertanto, circoscrive il campo d’indagine alle fibre naturali animali (lana e seta). Entrambe tuttavia, pur derivando da distretti del tutto differenti (annessi cutanei dei mammiferi, la prima; ghiandole serìgene di alcuni insetti, la seconda), sottoposte alla fiamma, emanano lo stesso odore: perché questa “cross-reaction”? Per rispondere a questa domanda occorre chiarire la struttura delle due fibre.
La LANA è costituita dall’a-cheratina, una proteina a struttura elicoidale formata da una coppia di a-eliche destrorse, strettamente avvolte a spirale e rinforzate da numerosi ponti disolfuro intercatena (fig.1). La SETA, invece, è costituita dalla ß-cheratina, detta fibroina (fig.2), una proteina organizzata “a foglietti pieghettati a ventaglio”, disposti in piani sovrapposti, ravvicinati e compatti (ciò che rende la seta morbida e flessibile) + la sericina (fig.3). È la presenza in entrambe della cheratina che consente a tutte e due le fibre di emanare il caratteristico odore di “corno bruciato”, qualora esposte alla fiamma.
Ma, come abbiamo visto, i “nostri” filamenti si sciolgono col reattivo di Schweitzer, per cui rimane in gioco solo la seta.
Che senso ha parlare di “seta volante”?
Personalmente abbiamo elaborato tre ipotesi.
1) – I filamenti analizzati sarebbero da collegarsi, in qualche modo, al sorvolo delle località interessate da parte di oggetti volanti non identificati, così come riferito da numerosi testimoni: situazione simile, pertanto, a quelle già citate (Oloron, 1952; Firenze, 1954), con l’unica differenza consistente nel tipo di sostanza ricaduta al suolo (borosilicato contro polimeri organici). Anche oggi, come allora, restano sconosciute le motivazioni di tale “pioggia”.
2) – I filamenti analizzati sarebbero un “sotto-prodotto”, una conseguenza “accessoria” del progetto (si dice a carico della NATO) di modificazioni climatiche, al fine di prevenire la formazione di eventi atmosferici turbolenti (uragani, precipitazioni intense, trombe d’aria), particolarmente disastrosi per il continente europeo. Tale progetto verrebbe messo in atto mediante il rilascio in atmosfera, da parte di aeromobili privi di contrassegno identificativo, di particolari elementi (bario, ioduro d’argento, ecc.) in grado, per l’appunto, di influire sul clima, impedendo o favorendo la formazione di nubi e le relative piogge. Questa azione diretta sul clima è già stata sperimentata con successo durante lo svolgimento delle Olimpiadi di Mosca, nel 1980, grazie ad un’intesa (al tempo segreta e trapelata solo dopo la caduta del muro di Berlino) fra l’aeronautica sovietica e quella statunitense. Ma anche oggi possiamo notare gli effetti della dispersione delle suddette sostanze nei nostri cieli: entro 48 – max. 72 ore dalla comparsa delle “chemtrails”, rilasciate da velivoli non identificabili nell’atmosfera tersa, si osserva la comparsa di formazioni nuvolose, seguite da precipitazioni più o meno intense.
3) – I filamenti analizzati sarebbero il risultato di un processo di polimerizzazione di sostanze organiche (bio-polimeri di sintesi), realizzato artificialmente ed impiegato come “supporto” di altri componenti (polveri metalliche?), allo scopo di diffondere nell’atmosfera un “aerosol”, atto a potenziare ed estendere, nello spazio e nel tempo, la riflessione delle onde elettromagnetiche (radar, comunicazioni radio, trasmissioni satellitari); il tutto, ovviamente, a scopi militari di controllo ed “intelligence”. Propenderei per quest’ultima ipotesi, dato che una delle proprietà della seta è quella di fissare con facilità sali di alluminio, ferro e stagno, con formazione di sali basici insolubili. In altre parole, questi polimeri bio-sintetici fungerebbero da “adiuvanti” nella nebulizzazione aerea di composti metallici non meglio rilevabili, comportandosi come i sistemi di diffusione dei semi da parte del vento, utilizzati da alcune essenze vegetali (tarassaco, tiglio, ecc.; figg. 4, 5, 6, 7).
Si tenga conto anche del fatto che (sicuramente su Parma, mentre non abbiamo riscontri per le altre località) la ricaduta così copiosa di “ragnatele” si è avuta dopo un intenso via-vai di aeromobili non identificabili, che hanno disegnato sulla verticale della zona uno “scacchiere” di scie (ma diverse da quelle “normali” di condensazione dei gas di scarico dei jet, per forma, dimensione ed insistenza temporale), denominate per l’appunto “chemtrails”, come osservato da numerosi testimoni oculari.
Non ci sentiamo di esprimere giudizi su queste due ultime ipotesi, ancora tutte da verificare, poiché ci addentreremmo in un ambito, quello delle strategie politico-economico-militari, che esula dalla nostra speculazione. Tuttavia ci preme evidenziare (vedi allegati a parte) la pericolosità di alcuni elementi, che si suppone vengano dispersi nell’atmosfera per ottenere gli scopi predetti. Bario, alluminio, quarzo, titanio (per citarne alcuni), se inalati direttamente o assunti con alimenti (vegetali) contaminati dalle piogge susseguenti la dispersione, possono dare origine negli organismi superiori a gravi patologie, quali le sindromi neurodegenerative (SLA, BSE), quelle neurotossiche (Alzheimer), insufficienza respiratoria (silicosi), ecc.
È forse per il diffondersi di questo allarme, percepito dalla popolazione, che negli ultimi cinque anni sono state poste sette interrogazioni “bipartisan” al Parlamento italiano (a firma Ruzzante, Di Pietro, Brandolini, per citare le più recenti) e numerose altre all’Europarlamento, da parte di onorevoli tedeschi e olandesi. Tutte per chiedere giustificazioni “... sull’inquietante fenomeno, in continuo incremento, della comparsa di formazioni nuvolose anomale, rilasciate da aerei militari o privi di contrassegni identificativi, nei cieli italiani ed europei…”. L’ultima in ordine cronologico, quella dell’On. Sandro Brandolini (6 ottobre ’08), è particolarmente incisiva, in quanto sfida il Ministero della Difesa a “…fornire, se ne è in grado, le prove scientifiche definitive che smentiscano l’esistenza delle chemtrails…” (sic!).
Dott. Giorgio Pattera
BIBLIOGRAFIA
“Weather as a Force Multiplier: Owning the Weather in 2025” - USAF, August 1996.
P. Zatta (CNR - Istituto Tecnologie Biomediche, Unità Metalloproteine, Padova) -
”Interdisciplinary Approach to The Study of Aluminum Toxicity”, tratto da "Metals in Medicine", E.C.COST D8.
Prima Conferenza Internazionale “METALLI E CERVELLO: dalla Neurochimica alla Neurodegenerazione (Università di Padova, 20-23/09/2000), tratto da “ALLUMINIO & SALUTE”.
S.Polizzi, E.Pira, M.Ferrara, M.Bugiani, A.Papaleo, R.Albera, S.Palmi: “Neurotoxic Effects of Aluminium Among Foundry Workers and Alzheimer’s Disease”, tratto da “Neuro Toxicology”, 23 (2002) 761–774.
Mark Purdey - “Chronic barium intoxication disrupts sulphated proteoglycan synthesis: a hypothesis for the origins of multiple sclerosis”, Medical Hypothesis (2004), 62.
Staninger, Hildegarde – “Far-Infrared Radiant Heat (FIR RH) Type Remediation for Mold and Other Unique Diseases”. - National Registry of Environmental Professionals, annual Conference in Nashville, Tennessee, October 18, 2006.
“L’UNIONE SARDA”, 28/12/06
“LA REPUBBLICA”, 16/01/07
“L’UNIONE SARDA”, 18/01/07
“GAZZETTINO di TREVISO”, 23/03/07
Comunicato Stampa “CODACONS”, 16/12/07
G.Pattera - “Scie nel cielo, paura sulla Terra”, tratto da “AREA di CONFINE”, n.°32, maggio 2008, pagg. 50-58
“LA STAMPA”, 11/02/09
“CORRIERE della SERA”, 19/02/09
Analisi dei filamenti caduti nel Novembre 2008
Nei primi giorni del mese di Novembre 2008 in diverse località del Nord Italia sono state raccolte segnalazioni relative alla caduta di “strani filamenti” dal cielo.
Ciò che ha colpito particolarmente l’occhio degli involontari testimoni è stata la copiosità del fenomeno: in poco tempo prati, alberi e automobili sono stati letteralmente ricoperti da una leggera coltre di fili bianchi. Altro fatto insolito è che i filamenti in questione -che all’apparenza sono sembrati molto simili a fili di ragnatela- hanno mostrato una notevole tenacità, molto maggiore di quella che presentano le comuni ragnatele.
Proprio l’atipicità del fenomeno osservato ha indotto diverse persone a raccogliere campioni dei filamenti sperando che successive analisi di laboratorio potessero stabilirne la natura.
I campioni che abbiamo ricevuto sono stati raccolti nei giorni 8-9 Novembre 2008 in diverse località, più precisamente: Parma (città), Buccinasco (Mi), Ferrara, Milano (parco Nord).
Questa relazione non vuole essere un report scientifico vero e proprio, ma una sorta di compendio di quello che è stato fatto, utilizzando un approccio il più possibile scientifico per far luce sulla natura di questi campioni, compatibilmente con le risorse a nostra disposizione.
Una prima osservazione dei campioni ha confermato quanto affermato dai testimoni: i filamenti sono apparsi estremamente appiccicosi, molto difficili da maneggiare anche con pinzette sottili di legno, plastica o acciaio. Le foto qui riportate (fig. 1 e 2) sono state effettuate utilizzando un microscopio a luce trasmessa.
I campioni provenienti dalle località citate sono stati suddivisi in diverse porzioni in modo da poter eseguire differenti test su ciascuna tipologia.
Occorre qui sottolineare che tutti i filamenti sono stati sottoposti agli stessi test ed hanno dato tutti gli stessi identici risultati.
Per prima cosa è stata eseguito un saggio alla fiamma. Questo test consiste molto semplicemente nel bruciare completamente la fibra per poi osservare l’aspetto del materiale residuo e valutare l’odore sviluppato. Il processo di combustione ha sprigionato un odore piuttosto intenso -considerando la piccola porzione di fibre utilizzata- simile a quello di capelli bruciati. Si è formato un residuo di cenere nero.
Si è proceduto poi a valutare il pH dei vapori sprigionati durante la combustione. I vapori hanno dato una colorazione verde intenso alla cartina tornasole, colore corrispondente ad un pH intorno a 8,5-9.
Questi primi dati hanno fatto subito pensare che le fibre in questione fossero di origine animale.
Prove di solubilità
Le fibre sono risultate insolubili in acqua (dato piuttosto ovvio) e in diversi solventi organici, quali tetraidrofurano e acetone (a temperatura ambiente).
Sono state effettuate prove di solubilità in soluzioni di acidi concentrati e in soda caustica.
Solubilità in acidi
Le fibre si sono sciolte in acido solforico (soluzione al 98%) e acido nitrico (soluzione al 65%), colorandosi prima in giallo per poi dissolversi nel giro di qualche ora.
Saggio alla soda caustica
Le fibre sono state tenute in una soluzione di NaOH (soluzione al 10%) portata ad ebollizione.
Dopo circa mezz’ora si sono completamente sciolte.
Saggi coi reattivi di Loewe e Schweitzer
Alla luce dei risultati di questi primi test di solubilità e delle prove di combustione si è pensato di utilizzare soluzioni specifiche per sciogliere fibre di origine animale come la seta o le ragnatele.
Il primo saggio è stato fatto con il reattivo di Loewe. Il filamento si è sciolto nel reattivo, in un periodo di tempo di alcune ore; alcuni fili di ragnatela sono stati utilizzati come per testare l’efficacia del reattivo. Un aspetto interessante è stato osservare la maggiore velocità di dissoluzione della ragnatela rispetto al campione incognito: nel giro di alcuni minuti il campione “noto” si è completamente sciolto nel reattivo.
Il saggio col reattivo di Schweitzer (in cui si scioglie la seta, ma non la lana) ha portato allo stesso risultato.
I dati di solubilità sono caratteristici di fibre di origine animale e nello specifico della seta.
Conclusioni
I dati relativi alla solubilità nei reattivi specifici per la seta (reattivo di Loewe e reattivo di Schweitzer), insieme alle osservazioni precedenti, ossia:
- pH alcalino dei vapori sprigionati dalla combustione;
- residuo di cenere nera;
- solubilità in acido solforico, acido nitrico e soda caustica (in ebollizione)
portano a concludere che i filamenti raccolti nelle diverse località del nord Italia a Novembre sono di origine animale e più precisamente presentano un comportamento molto simile a quello dimostrato dalle ragnatele che quotidianamente incontriamo, anche se rispetto a queste ultime possiedono una maggiore tenacità e una maggiore resistenza alla solubilizzazione nei reattivi specifici.
Dott. Giorgio Pattera