La tredicesima e le altre gratifiche, comunque denominate, sono ormai un lontano ricordo. Il 2015 è iniziato per gran parte dei “comuni mortali” con tante spese da sostenere mentre all'orizzonte non s’intravedono segnali di ripresa. La bilancia dei consumi è sempre più leggera e secondo la ben nota teoria keynesiana le ricadute della domanda, senza l’intervento e il sostegno essenziale dello Stato, non potranno che ripercuotersi sull'offerta.
In questo periodo di vacche magre in cui i consumi sono maggiormente concentrati sui beni di prima necessità, a farne le spese sono tutte quelle attività secondarie e procrastinabili come, ad esempio, la lettura e l’acquisto di libri.
Secondo l’ultimo rapporto dell’ISTAT, nel 2014 la quota di lettori di libri è scesa dal 43% del 2013 al 41,4%. Si legge molto di più al centro nord che al centro sud, ma i c.d.“libromani” ovvero coloro che leggono in media almeno un libro al mese, sono solo il 14%del totale dei lettori.
Sul fronte degli e-book, mentre si registra un significativo aumento delle vendite nei paesi anglosassoni, -tale da far prevedere nel 2018, secondo gli esperti economisti, il sorpasso di questo formato sui testi cartacei-, in Italiae in Europa le produzioni digitali faticano ad ingranare. Nel 2013, ad esempio, la vendita degli e-book ha raggiunto appena il 4% mentre nel primo semestre 2014 è scesa al 3%.
Colpa forse di un’alfabetizzazione informatica che tarda a decollare o di una propensione all'utilizzo delle nuove tecnologie più lenta e culturalmente ancora diffidente.
L’atteggiamento degli editori è variegato e, talvolta, contraddittorio. Le grandi firme dell’editoria preferiscono ancora l’uso del cartaceo ma hanno dalla loro il vantaggio di puntare su autori già affermati e collaudati. I piccoli editori, invece, puntano molto di più sul digitale, economicamente più vantaggioso e meno rischioso, ma hanno una strategia di vendita spesso approssimativa e nella maggior parte dei casi delegata agli autori esordienti che vengono così catapultati sul mercato senza alcuna competenza.
Sarebbe meglio e opportuno ripensare a una programmazione editoriale che generi nuove figure di marketing manager e metodi di promozione che innovino il sistema di distribuzione delle vendite con precise sinergie con le librerie. Queste ultime, se vogliono davvero essere più competitive sul mercato, dovrebbero puntare innanzitutto sulla logistica offrendo, ad esempio, postazioni on-line per l’acquisto del digitale In secondo luogo, dovrebbero subentrare alla tradizionale figura del “distributore di libri” con iniziative promozionali rese possibili dall'ausilio delle nuove tecnologie informatiche.
Ma si sa che in tempi di carestia l’iniziativa economica risente di quel coraggio e di quel pizzico di spavalderia che sono fondamentali per rimettere in circolo il sistema della crescita produttiva e della competitività.
Un po’ com'è accaduto all'epoca dei conflitti mondiali del primo novecento quando in piena miseria imperversava l’avanspettacolo con poche lire che nemmeno bastavano per tirare su una commedia degna di essere vista nei palcoscenici di periferia.
Oggi si direbbe, per chi volesse avventurarsi nel campo dell’innovazione libraria, come in qualsiasi altro settore, che le risorse sono poche e i rischi troppo alti. Meglio desistere senza inscenare “spettacoli” per pochi intimi: Bambole, non c’è un centesimo!http://feeds.feedburner.com/VittorianoBorrelliLeParoleDelMioTempo