Magazine Cinema
Visto in tv.
Un autore afroamericano della tv (un incredibile Damon Wayans in versione seria e chic) alle strette con i superiori decide di andarsene, anzi di farsi cacciare, col botto. Scrive un programma tralmente razzista, caricaturale e umiliante per i neri (riprendendo vecchi stilemi del 1800, ma anche del cinema fino agli anni '40) che il programma non potrà che affossare la rete e determinare il suo licenziamento... Come è ovvio immaginare il programma avrà successo, ma nessuno di quelli che ne prendono parte (dagli attori al produttore, ivi compreso Wayans) capiranno che sfruttare il successo finché dura li porterà alla distruzione fisica o morale.
Va detto, l'idea all'inizio del film non è malvagia, Spike Lee inizia con un film che riprende la sua personale lotta razziale come di consueto, ma deviandola nell'ironia e, per questo, rendendola molto più efficiace; decide poi di scagliarsi con particolare acrimonia contro lo show system tout court, sottolinenando l'idiozia di molta televisione nel maneggiare argomenti delicati, ma anche attaccando il suo amato cinema (molte sono le sequenze originali, tra cui un breve spezzone di "Nascita di una nazione", di "Via col vento" e, credo, de "Il cantante di jazz"). Purtroppo però il gioco si rompe presto, Lee si getta sul prosaico alla svelta ammazzando il ritmo ed il tono del film, non riesce a far ridere davvero nelle lunghe sequenze comiche (lo spettacolo tv ideato dall'autore, così come il cabaret tenuto dal padre), ritorna al suo solito modo di dire le cose che qui sembra un urlare nel deserto come non mai (cita se stesso e gli altri continuamente dalla sua battaglia contro i nigger di Tarantino al concetto di mental slavery degli afroamericani, ma tutto sa di raffazzonato, di già detto e di detto meglio in altre sedi) e il tutto fa deviare il film verso il già visto... Poi nel finale si butta pure nell'improbabile e allora il disastro è fatto.
Inoltre Lee sceglie di girare in digitale tutto il film tranne le scene dello show. Scelta curiosa motivata più che altro da questioni di budget. Di per se l'idea non è negativa, ma devo ammettere che vedere la regia classica di Lee (che usualmente mi piace molto), fatta di un montaggio vario e frenetico, con questo sistema fa perdere di grazia alle capacità del regista e di credibilità al senso da "presa diretta" del digitale.
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