Magazine Diario personale
“Oh, un’altra volta! Mi sono svegliata un’altra volta piangendo.” Parlai senza rendermene conto. Come se dovessi scrollarmi di dosso qualcosa. Nello stesso istante una lacrima calda scivolò sul cuscino. Oltre la finestra un cielo plumbeo avvolgeva il mondo, quando era ormai giorno inoltrato. Stranamente non si udivano i rumori della città, il che non voleva dire che ci fosse silenzio. Di tanto in tanto arrivava l’eco del canto di un uccello. Mi sembrava di sentire, indistinto, il rombo di un motore. Ma lontano, più simile allo scorrere di un fiume. Come un ronzio. Voglio andarmene, voglio tornare a casa. Qui mi sento soffocare. Quando aprii gli occhi, nella mia testa non c’era spazio per altri pensieri se non quello. Da quando, in seguito alla partenza di Kaede, abitavo da sola in casa sua, qualche volta mi capitava di fare sogni molto realistici nei quali vivevo in montagna. Sognavo di trovarmi ancora lassù e mi svegliava il canto incessante degli uccelli e delle cicale. La luce trasparente del mattino inondava la casa. Era una luce nuova ma già forte, di quelle che asciugano bene i panni stesi e li lasciano profumati. Per me cominciavano i lavori di ogni giorno. Andavo a prendere l’acqua, sistemavo il giardino, preparavo la colazione. L’aria era frizzante, il cielo di un colore cupo come una voragine. Intravedevo la figura della nonna di spalle, seduta alla scrivania. Era la mia vita normale, ma per qualche motivo mi veniva voglia di piangere, mi prendeva un’ansia incontrollabile. È la quotidianità, e allora perché sto così male? Questo era ciò che pensavo da qualche parte dentro di me.