"E così quella notte, trovai mia madre vicino al cuscino, quella parte di lei che era come un fiore. La parte che più mi mancava, il fiore che riparava sotto una corolla di leggerissimi petali".
Banana Yoshimoto torna nelle librerie italiane Il lago, il suo ultimo romanzo edito da Feltrinelli e tradotto in italiano da Gala Maria Follaco.
Chihiro è una ragazza scappata dalla provincia asfittica per trasferirsi nella gigantesca Tōkyō dove tenta di fare l'artista. La conosciamo in un momento particolare, da poco la madre è morta e la malinconia la assale con una violenza che non si aspettava. L'unica persona che pare trasmetterle serenità è lo sconosciuto dirimpettaio di finestra, un ragazzo dall'espressione triste che pare cedere anche lui al gusto di questa compagnia. I due si incontrano e comincia una strana storia d'amore e d'amicizia tormentata dall'oscuro passato dell'enigmatico Nakajima.
La chiave per decifrare il giovane si trova in una casa davanti ad un lago (quello del titolo) avvolto da un'affascinante nebbiolina e da una strana tranquillità, in questa casa vivono Mino e sua sorella Chii, amici di infanzia di Nakajima. Per chi conosce la Yoshimoto si starà chiedendo dove sta l'elemento magico, il personaggio con le capacità extrasensoriali o dalla spiccata sensibilità a cui ci ha ormai abituati. Nessuna paura, tra questi quattro personaggi uno di loro ha le qualità da sensitivo che aiuteranno la protagonista a sciogliere la matassa nel cuore del giovane vicino.
Il libro non è diviso in capitoli ma sembra quasi articolato in più temi. Il primo lo si potrebbe intitolare "La mamma".
"Voglio vederti ancora, mamma. Ti voglio toccare, voglio sentire il tuo odore, pensai".
Anche se all'apparenza non sembrerebbe, quest'ultima fatica della scrittrice nipponica è principalmente incentrata sulla famiglia, sul rapporto speciale madre-figlio. Entrambi i protagonisti hanno perso la madre e il ricordo li assilla. Il pensiero ai genitori scomparsi trova sempre spazio nella loro quotidianità, nei loro sogni e nei loro incubi.
Il secondo tema è chiaramente "L'amore".
"In quei giorni che ero così presa da Nakajima, dal mio strano Nakajima, mi sentivo come rinata. Da quando stavo con lui non ero più io. Avevo sempre pensato solo a me stessa, alla disperata ricerca di un modo per superare i miei limiti, protesa in avanti e decisa a realizzare il futuro come desideravo, con il solo obiettivo di allontanarmi da quel posto, come un filo d'erba senza radici. Ma Nakajima era troppo forte, mi aveva sopraffatto e adesso mi trascinava con sé. Qui il tempo non esiste. È come se fossimo separati dal resto del mondo. Ci siamo soltanto lui e io, fuori dal tempo e senza età. [...] Sento che questa è la felicità".
Non credo serva aggiungere altro.
Il terzo tema è "Il mistero". Ad un certo punto la storia prende una strana piega, chi legge si rende conto che l'aria diventa pesante, c'è qualcosa che non quadra. C'è qualcosa che non sappiamo, appunto un mistero. Ma l'autrice non ci lascia insoddisfatti, ce lo svela e ci svela anche un murales dalle fattezze un po' infantili ma che in qualche modo racchiude in sé tutto il significato del romanzo.
Leggere Il lago riporta alla Banana Yoshimoto a cui eravamo abituati visto che negli ultimi tempi l'avevamo trovata un po' troppo semplificata, quasi impalpabile e priva di essenza. Qui ritorna sì con la sua consueta semplicità ma accompagnata da quei piccoli colpi di scena che i suoi affezionati lettori amano. Il linguaggio è poco elaborato ma spiazzante, come sempre. Così come l'alternare personaggi estremamente caratterizzati a personaggi quasi banali in modo irritante, ma chi la conosce c'è ormai abituato. Piccoli espedienti narrativi che fanno diventare il romanzo quasi perfetto, un romanzo che poi, nella sua malinconia, è un inno all'amore.