>>Bancocrazia – Dalla Repubblica di Venezia a Mario Draghi e Goldman Sachs

Creato il 10 novembre 2013 da Felice Monda

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Dal XII secolo agli inizi del XIV, l’Ordine dei Templari, presente in gran parte dell’Europa, si trasformò in banchiere dei potenti, contribuendo al finanziamento di varie crociate. Agli inizi del XIV secolo divenne il creditore principale del re di Francia, Filippo il Bello. Di fronte al peso del debito che gravava le sue risorse, Filippo il Bello si era sbarazzato dei suoi creditori e, al tempo stesso, del suo debito demonizzando l’Ordine dei Templari, accusandolo di svariati crimini.[2] L’Ordine fu sciolto, i capi giustiziati e i loro patrimoni confiscati. L’Ordine dei Templari mancava di uno Stato e di un territorio per tener testa al Re di Francia. Il suo esercito (15.000 uomini, 1.500 dei quali cavalieri), il suo patrimonio, e i suoi crediti sui dirigenti non lo hanno protetto dalla potenza di uno Stato deciso ad eliminare il suo principale creditore.

Nello stesso periodo (XI-XIV secolo), i banchieri veneziani finanziano anch’essi le crociate e prestano denaro ai potenti d’Europa, ma si muovono molto più abilmente dell’ordine dei Templari. A Venezia, prendono la direzione dello Stato dandogli la forma di Repubblica. Finanziano la trasformazione di Venezia in un vero e proprio impero comprendente Cipro, l’Eubea (Negroponte) e Creta. Adottano una strategia invincibile per arricchirsi stabilmente e garantire il rimborso dei loro crediti: decidono essi stessi di indebitare lo Stato veneziano con le banche in loro possesso. I termini dei contratti di prestito li stabiliscono loro, essendo proprietari di banche e dirigenti dello Stato a un tempo.

Mentre Filippo il Bello aveva interesse a sbarazzarsi fisicamente dei suoi creditori per liberarsi dal gravame del debito, lo Stato veneziano rimborsava il debito fino all’ultimo centesimo ai banchieri, che ebbero del resto l’idea di creare titoli del debito pubblico che potevano circolare da una banca all’altra. I mercati finanziari cominciarono a crearsi allora.[3] Questo tipo di prestito è il precursore della principale forma di indebitamento degli Stati così come lo conosciamo nel XXI secolo.

Sette secoli dopo lo smantellamento dell’Ordine dei Templari ad opera di Filippo il Bello, oggi i banchieri d’Europa, esattamente come i loro predecessori veneziani o genovesi, non hanno evidentemente di che preoccuparsi nei confronti dei governi in carica.

Gi Stati nazionali e il proto-Stato che è l’attuale Unione europea sono forse più complicati e sofisticati della Repubblica di Venezia (o di Genova) dal XIII al XVI secolo, ma sono in maniera altrettanto cruda gli strumenti di esercizio del potere della classe dominante: l’1% contrapposto al 99%. Mario Draghi, ex responsabile di Goldman Sachs in Europa, dirige la Banca centrale europea. I banchieri privati hanno piazzato i loro rappresentanti o i loro alleati in posti chiave nei governi e nelle amministrazioni. I membri della Commissione europea sono attentissimi alla difesa degli interessi della finanza privata, e il lavoro di lobbing esercitato dalle banche su parlamentari, legislatori e magistrati europei è di un’efficacia temibile.

Se un pugno di grandi banche capitaliste occupa negli ultimi anni il proscenio, questo non deve celare il ruolo delle grandi imprese private dell’industria e del commercio, che usano ed abusano della loro prossimità con le strutture statali altrettanto abilmente dei banchieri. L’interconnessione e l’inestricabile intreccio tra gli Stati, i governi, le banche, le imprese industriali e commerciali, e i grandi gruppi privati delle comunicazioni costituiscono del resto uno dei tratti tipici del capitalismo, nella sua fase attuale come nelle precedenti.

Effettivamente, dalla vittoria del capitalismo come sistema di produzione e come formazione sociale dominante, il potere è esercitato dai rappresentanti dei principali gruppi privati e loro alleati.

Da un punto di vista storico, il New Deal del presidente Roosevelt nel 1933 e il trentennio successivo alla Seconda Guerra mondiale apparivano come una parentesi durante la quale la classe dominante ha dovuto fare alcune concessioni, certo limitate ma effettive, alle classi popolari. I grandi proprietari hanno dovuto nascondere un po’ la loro presa sullo Stato. Con la svolta neoliberista avviata alla fine degli anni Settanta, hanno messo da parte la discrezione. Gli anni Ottanta portano in primo piano una classe dominante totalmente disinibita che assume ed ostenta con cinismo la rincorsa del profitto e dello sfruttamento generalizzato delle popolazioni e della natura. La formula tristemente celebre di Margaret Thatcher, “There is no alternative” (Non c’è alternativa) segna fino ad oggi il paesaggio politico, economico e sociale, attraverso violenti attacchi ai diritti e alle conquiste sociali. Mario Draghi, Angela Merkel, Silvio Berlusconi, José Manuel Barroso appaiono come delle figure emblematiche della prosecuzione del progetto thatcheriano. La complicità attiva dei governi socialisti (da Schröder a Hollande, passando per Blair, Brown, Papandreu, Zapatero, Socrates, Letta, Di Rupo e tanti altri) dimostra fino a qual punto si siano inseriti nella logica del sistema capitalista, fino a che punto facciano parte del sistema, allo stesso modo di Barak Obama dall’altro lato dell’Atlantico. Come ha dichiarato il miliardario americano Warren Buffett: “È una guerra di classe, ed è la mia classe che sta vincendo”.

Il sistema del debito pubblico così come funziona nel capitalismo costituisce un meccanismo stabile di trasferimento di ricchezze prodotte dal popolo verso la classe capitalista. Questo meccanismo si è rafforzato con la crisi iniziata nel 2007-2008 perché le perdite e i debiti delle banche private sono state trasformate in debiti pubblici. Su larghissima scala, i governi hanno socializzato le perdite delle banche perché potessero continuare a fare profitti che ridistribuiscono ai loro proprietari capitalisti.

I governanti sono i diretti alleati delle grandi banche e mettono al loro servizio i poteri e i soldi pubblici. C’è un continuo andirivieni tra grandi banche e governi. Il numero di ministri delle Finanze e dell’Economia, o di Primi ministri direttamente provenienti dalle grandi banche o che vanno in queste quando lasciano il governo non cessa di aumentare dal 2008.

Il mestiere della banca è troppo essenziale all’economia per essere lasciato in mano al settore privato; è indispensabile socializzare il settore bancario (cose che ne comporta l’esproprio) e metterlo sotto controllo dei cittadini (dei lavoratori delle banche, dei clienti, delle associazioni e dei rappresentanti dei soggetti pubblici locali) locali), perché va sottoposto alle regole di un servizio pubblico[4] e le rendite create dalla sua attività vanno utilizzate per il bene comune.

Il debito pubblico contratto per salvare le banche è definitivamente illegittimo e va ripudiato. Un audit civico (inchiesta) deve stabilire quali altri siano debiti illegittimi e/o illegali, consentendo una mobilitazione tale che possa delinearsi un’alternativa anticapitalista.

La socializzazione delle banche e l’annullamento/ripudio dei debiti illegittimi debbono inserirsi in un programma più ampio.[5]

Come durante la Repubblica di Venezia, oggi nell’Unione europea e nella maggioranza dei paesi più industrializzati del pianeta, lo Stato è in osmosi con la grande banca privata e rimborsa docilmente il debito pubblico.

Non rimborsare il debito illegittimo, la socializzazione della banca insieme ad altre misure vitali saranno il risultato dell’irrompere del popolo come protagonista della sua stessa storia. Si tratterà di instaurare un governo altrettanto fedele agli oppressi come i governi di Merkel e di Hollande lo sono alle grandi imprese private. Un simile governo del popolo dovrà fare incursioni nella sacrosanta grande proprietà privata per sviluppare i beni comuni, nel pieno rispetto dei limiti della natura. Questo governo dovrà anche realizzare una radicale rottura con lo Stato capitalista e sradicare tutte le forme d’oppressione.

È indispensabile un’autentica rivoluzione.

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