Domenica scorsa Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, è caduta nelle mani dei ribelli del Seleka, una coalizione il cui intento era quello di destituire il presidente in carica François Bozizé, a sua volta impossessatosi del potere nel lontano 2003, grazie al solito e scontato golpe militare, e legittimatosi poi attraverso le elezioni presidenziali del 2005 e del 2011.
L’accusa contro Bozizé era e rimane quella di non aver rispettato in pieno, almeno secondo alcuni membri del Seleka, gli accordi di pace di Libreville (11 gennaio 2013), che avrebbero potuto semmai portare, se gli intenti umani fossero stati altri, ad una pacificazione della situazione interna del Paese.
I membri del Seleka, guidati politicamente da Nicolas Tiangaye, recentissimo primo ministro di un governo “fantasma”,e cioè quello penultimo di transizione, avvocato ed ex-uomo politico centrafricano, sono in effetti, però, una coalizione molto variegata(e non solo ideologicamente), al cui interno ci sono personalità d’ogni genere.
Ex- combattenti certo ma anche delinquenti comuni mimetizzati e mercenari provenienti dagli Stati confinanti come, ad esempio, il vicino Ciad, sempre disponibile a fornire uomini armati.
Quando la coalizione del Seleka si è resa conto sul campo di essere, comunque, più forte dell’esercito straccione di Bozizé, dopo avere già dato prova nei mesi scorsi di sapersi imporre nelle altre città del nord, distruggendo,saccheggiando e uccidendo, ha alzato il tiro e pensato bene di dare subdolamente il colpo di grazia anche a Bangui per scacciare definitivamente Bozizé ,ennesima marionetta africana dell’ arcinoto teatrino francese.
Ora il problema è che, sospesa la Costituzione e sciolto il Parlamento,ci si domanda con una certa preoccupazione quale potrà essere la sorte delle genti comuni. Quelle costrette alla fuga e stremate, com’è certo, da fame e malattie da eventi più grossi di loro.
La prospettiva indubbia è che Michel Djotodia, il capo militare dei ribelli del Seleka, sarà presidente (autoproclamatosi) del Centrafrica per ben tre anni, in quella che egli definisce ora la lunga transizione.
L’Onu ha condannato, senza mezzi termini, all’interno del Consiglio di Sicurezza, quanto accaduto e sta accadendo nel paese più povero e dimenticato dell’Africa.
E non è detto, in base ai prossimi eventi, che la “cosa” si limiti a questo.
Le confessioni religiose fanno sentire, un po’ tutte, in qualche modo, la loro voce e sollecitano alla riconciliazione.
Quanto agli aiuti umanitari, “Medici senza frontiere”, la Croce Rossa Internazionale ed Emergency sono per fortuna lì sul posto, in questo difficilissimo momento, per aiutare chi ne ha o ne avesse in seguito bisogno. E non hanno intenzione di abbandonare il campo.
Bozizé intanto è riparato in Cameroun, accolto a braccia aperte dal suo omologo Paul Biya, e la famiglia, invece, ha già raggiunto Kinshasa, nella Repubblica democratica del Congo.
Concludendo, una pace autentica nella Repubblica Centrafricana è per il momento ancora realmente molto lontana e non resta ,perciò,che seguire con attenzione lo sviluppo dei prossimi eventi.
Una cosa , tuttavia, è certa ed è che questi accadimenti in Africa pare che abbiano (e in più di un Paese purtroppo) un copione decisamente poco fantasioso. Anzi, direi, un copione unico.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)