Avviso ai naviganti: questa recensione è scritta a puro uso e consumo di chi va verso i fatidici 'anta'... astenersi perditempo! E, badate, non è questione di nostalgia: voglio semplicemente avvertirvi che le righe che seguiranno risulteranno pressochè ìncomprensibili ai ventenni di oggi, quelli che frequentano i 'lounge' bar, gli 'snack' bar, gli 'american' bar, gli 'Hard Rock cafè', e magari si alzano tardi per il rito dell' 'happy hour'. Come difficilmente diranno qualcosa ai trentenni rampanti che ogni sera, immancabilmente, si radunano per il rito dell'aperitivo presso il 'bistrot' di turno...
Una volta, invece, si andava semplicemente al Bar Sport. E chi comincia ad avere qualche capello bianco in testa sa di cosa parlo: di quel locale tutto sommato anonimo, spartano, composto da un bancone, qualche tavolino, la televisione e gli accessori 'indispensabili': il calciobalilla, il flipper, il biliardo. In quel luogo apparentemente 'inospitale', in mezzo a una spessa coltre di fumo (ai tempi le sigarette non facevano male...) si radunava l'intera 'tribù' del quartiere: il Bar Sport era il luogo di aggregazione per eccellenza e non di puro consumo come oggi (giusto o sbagliato che sia), popolato da una 'fauna' tutto sommato eterogenea con qualche personaggio 'di spicco', capace di restare stampato nella memoria degli avventori...
In ogni bar, infatti, c'era un 'tennico' che sapeva tutto di tutti e parlava di tutto con tutti (eh,già!). Oppure il classico 'playboy' che 'le raccattava tutte lui' (a parole...), o la bellona procace che faceva sbavare i maschietti, per non parlare della barista dalle grandi tette, fino al massimo esperto di calcio, totocalcio e affini, che raccoglieva le quote per la schedina... Il Bar Sport era un microcosmo, una comunità fatta di persone profondamente diverse e più o meno 'pittoresche', ma innegabilmente affascinanti. Di questo piccolo universo parlò, ormai trentacinque anni fa, lo scrittore bolognese Stefano Benni, ricavandone il più grande successo della sua fortunata carriera.
La 'mitica' Luisona
Oggi, quasi quattro lustri più tardi, Bar Sport arriva al cinema e, ovviamente, come sempre in questi casi, ci si chiede se un'operazione del genere era necessaria. Beh, magari no. O forse sì... chi può dirlo? Dipende dalla sensibilità di chi guarda e, appunto, dall'età. Però va detto che il film di Massimo Martelli riesce ad instaurare una piacevole complicità con lo spettatore, facendogli scattare dentro quella 'nostalgia canaglia' che lo cattura e riesce a farglielo amare. Bar Sport è un film malin-coMico, dove un manipolo di attori bravissimi (Bisio e Battiston su tutti) costruiscono una serie di sketch che, pur non legandosi tutti benissimo tra loro, 'centrano' il bersaglio più importante: quello di rispettare lo spirito del libro e la dissacratoria ironia di fondo. Bellissimi i piccoli effetti visivi, fondamentali per ricreare certe scene, e azzeccata l'idea dei 'siparietti' animati per riprodurre le parti più grottesche.Un film fedele dunque, forse fin troppo, al testo letterario. Del resto non c'era motivo di stravolgere un libro che già 'funzionava' di suo: il film di Martelli nè è la miglior 'copia conforme' possibile. Non brillerà di fantasia, ma piacerà a quel pubblico di quarantenni che, potete starne certi, difficilmente non verserà qualche lacrimuccia di nostalgia...
VOTO: ***