“Bar Sport”, libro del 1976 di Stefano Benni – recensione

Creato il 10 gennaio 2013 da Alessiamocci

Stefano Benni è nato a Bologna nel 1947. Autore molto prolifico, scrive in particolare di satira, fantapolitica e costume.  Tra i libri più famosi pubblicati con Feltrinelli: “La Compagnia dei Celestini” (1992), “L’ultima lacrima” (1994), “Saltatempo” (2001), “Margherita Dolcevita” (2005), “La grammatica di Dio” (2007), “Pane e tempesta” (2009).

Bar Sport”, pubblicato  nel 1976 da Mondadori, è arrivato nel dicembre 2010 alla sua ventinovesima ristampa con Feltrinelli. Da questo libro di Stefano Benni, forse quello dalla comicità più scoppiettante ed irresistibile, è stato anche tratto un film.

“Bar Sport”: un ritrovo mitico sotto un’insegna altrettanto mitica nell’immaginario nazionale degli indimenticabili Anni Settanta, e non solo. Gli eroi che lo frequentano vanno dal cafone, al professore, al carabiniere, al ragioniere innamorato della cassiera fino alle immancabili figure del  nonno e del tecnico da bar.

Il nonno da bar, entrando, è sempre di spalle. Guarda la televisione, molto spesso la televisione è spenta, ma lui la guarda lo stesso e ride…”.

Il tecnico da bar è l’asse portante di ogni discussione da bar. Ne è l’anima, il sangue, l’ossigeno. Si presenta al bar dieci minuti prima dell’orari di apertura: è lui che aiuta il barista ad alzare la saracinesca. Il suo posto è in fondo al bancone, appoggiato con un gomito. Il tecnico resta nel bar tutta la mattina: nei rari momenti di sosta tra una discussione e l’altra studia la “Gazzetta dello Sport”. Normalmente, ci ciba solo di aperitivi, olive, patatine fritte e caffè, venti normali e venti hag, al giorno….”.

Al Bar Sport si parla di calcio, di donne e persino di filosofia. E poi ci sono le mitiche attrazioni. Il flipper che “funziona con qualsiasi oggetto rotondo che non sia una moneta da cinquanta lire”, il calcetto, sport faticosissimo “da praticarsi quasi completamente nudi o in mutande” e la briscola, degna di considerazione solo se i giocatori “rompono dai quindici ai venti tavoli per partita”. Per non parlare poi dell’importanza vitale, all’epoca, del telefono a gettoni, onnipresente ma “che vive sempre in spazi angusti, preferibilmente dietro una pila di casse di birra”, per permettere agli avventori la giusta privacy.

Oltre ai miti che ruotano intorno al “Bar Sport”, il libro contiene anche altri esilaranti episodi tra cui una trasferta in pullman allo stadio di fantozziana memoria  e la missione impossibile di trovare un ristorantino tipico in aperta campagna seguendo le indicazioni lacunose del passaparola:

Il ristorante rustico è situato spesso in aperta campagna, quasi sempre nei pressi di un canale puzzolentissimo. La sua caratteristica principale è di essere semovente. Se voi infatti scoprite un bel ristorantino rustico, ci mangiate bene e poi volete indicarlo agli amici, non otterrete altro risultato che farli girare per tutta una notte nel buio della campagna. Potete disegnare una mappa precisa al millimetro: potete imparare a memoria tutti i cartelli stradali, deviazioni, case gialle, insegne di caffè, stradine a U che portano al ristorante rustico: i vostri amici finiranno invariabilmente nell’aia di una casa di contadini, con cani ululanti che mordono il cofano della macchina e vecchiette silenziose che vi guardano arrivare come se foste una pattuglia di soldati nazisti”.

Un libro spassosissimo che consente a chi oggi ha dai quarantacinque anni in su di rispolverare con un sorriso allegri ricordi d’infanzia o di gioventù.

La penna spietatamente ironica di  Benni scatena  una risata dietro l’altra, dalla prima all’ultima riga. “Bar Sport” è un libro da leggere tutto d’un fiato in un’unica, interminabile, fragorosa risata. Soprattutto perché, in questi tempi cupi, di ridere c’è un disperato bisogno.

Written by Fiorella Carcereri


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