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Barabarani / una storia d'africa e di vita di missione

Creato il 13 settembre 2011 da Marianna06

BARABARANI

 

Barabarani.  La parola non ha nessuna relazione con il Barabba del Vangelo preferito a Gesù!  E’ un vocabolo Swahili che, secondo il contesto, significa: per strada o sulla strada.  E’ anche il nome di un bambino nato il 19 gennaio 2006. Racconto.

 

Sono in partenza per Mpola, dove per gli alunni devo celebrare l’Eucaristia di inizio d’anno, perché il Maestro sia la loro forza e li benedica. Ma soprattutto è un’opportunità privilegiata per un poco di catechesi.  Mi vengono ad informare che presso il ponte è nato un bambino.  Non dubito un momento. Parto per l’assistenza.  A Mpola nessuno si meraviglierà dell’eventuale ritardo.

 

Ma altro che presso il ponte!  Mi inoltro sempre di più nella foresta, che porta  le cicatrici della lunga siccità.  Al papà, venuto a portare la notizia, ogni tanto chiedo se quasi ci siamo.  E’ superfluo.  Qui le distanze se misurano con altri metri.  La risposta è sempre la stessa:  “Ancora un poco.”  Ma sono kilometri…  A un certo punto mi fa fermare.  E’ dove la partoriente ha dato alla luce il suo tesoro.  Cerca e chiama, ma nessuno risponde.  Si va a casa.  Due donne l’avevano assistita e accompagnata a casa.  Mamma e bambino sono in buone condizioni ma è opportuno che vengano portati al dispensario della missione.  La donna è Sukuma.  Non riesce ad esprimersi bene in Swahili per cui la lascio in pace e penso.

 

Penso alla forza di questa giovane mamma.  Mai avrei potuto immaginare che poco prima avesse partorito.  Nessuna traccia di sofferenza.  Dura la sua vita.  Dovuto alla siccità, chissà quanto lontano andava ad attingere l’acqua.  E ora che sono venute le prime due  piogge deve zappare e seminare.  E’ impensabile risparmiarle questa fatica!  Oso chiederle se già sa come il bambino verrà chiamato.  “Barabarani” mi diceNon ho bisogno di chiederle il motivo.  Già lo immaginavo.  Il nome riflette le circostanze e il luogo della nascita: è nato per strada…Sarà la sua identità.

 

Barabarani, avvolto in un panno, sulle ginocchia della mamma, è accanto a me.  Ogni tanto guardo il suo visino ancora bianchiccio.  Non un vagito.  Non piange.  E’ per caso o è già anticipo di quella immensa capacità degli Africani, che non cessa mai di stupirmi, di sopportare il dolore fisico e morale?  Barabarani non lo sa ma io penso anche a lui e gli parlo: “Cresci bene.  Sii forte e laborioso come la gente della tua tribù.  Pascolano e coltivano con energia.  Lo dicono tutti.  Non so se i tuoi genitori sono cattolici…  Barabarani, possa tu un giorno incontrare il Signore, che è Via, conoscerlo come Verità ed essere illuminato da Lui che è Luce.  Rinascerai.  Non sulla strada…ma dal grembo di un’altra madre, la Chiesa.  Ora sei un Sukuma.  Allora sarai figlio di Dio.  Ora appartieni alla tua famiglia estesa.  Allora apparterai alla famiglia - la Chiesa - che è estesa in tutto il mondo.”  Barabarani dorme.

 

   P. Giuseppe Inverardi, IMC

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