In questi giorni siamo in piena campagna elettorale, con il dubbio che non sia mai finita o con il dubbio che non ci siano capacità per fare altro. Sugli immigrati, tema ricorrente in campagna elettorale, il discorso di tutti, destra e sinistra, è su come cacciarli più velocemente. Mentre sono stipati in un’isola sperduta nel Mediterraneo, in una situazione che viola le più elementari norme igieniche, dopo aver rischiato la vita per averne una migliore. Ragazzi, giovani, quelli veri, quelli che in Italia hanno 40 anni e sono figli di o cooptati da. Quelli che in Italia fanno università inutili, lavori saltuari, e che pensano di aver inseguito qualcosa di preconfezionato. Quelli che hanno lottato per sconfiggere un regime o che scappano dai vincitori di una rivoluzione. Profughi, clandestini, immigrati, migranti o più semplicemente persone.
Dobbiamo sentire Bossi, che dice andate a casa, ringraziare il governo che è responsabile di una situazione in cui i diritti umani sono violati.
Dobbiamo vivere in un paese in cui il dovere ad essere solidali sono al più una noiosa cosa da spiegare con distacco ai propri elettori. “Speriamo che non s’incazzano”, “speriamo che mi votano”. “Ci saccheggeranno”, come se noi non avessimo fatto altro per qualche secolo nei loro confronti.
Come se si potesse guadagnare con semplicità, e legittimità, da una situazione di sofferenza, in cui noi pratichiamo la legge del più forte. E mentre sganciamo bombe per la libertà, neghiamo il futuro a dei semplici ragazzi. Non milioni ma 5mila, non delinquenti ma migranti. Se la politica non riesce a fare a meno della propaganda, non è politica. Se teniamo al governo i leghisti, nell’anno dell’Unità d’Italia, una ricorrenza meravigliosa, non abbiamo capito chi stiamo votando. Se la domanda di sicurezza esce dalle nostre paure, non ha senso sentirci superiori a qualcuno. Barbari, descriviamoci così.