Cos'è il "Barbarossa" agli occhi di uno spettatore disattento? Un onesto film d'azione, basato sulla ricostruzione poco storica della rivolta dei comuni del nord ovest dell'Italia, più piemontesi che lombardi, diremmo guardando la geografia di oggi, e centrato su un protagonista leggendario, quell'Alberto da Giussano inventato dall'aristocrazia feudale che s'era ben guardata dallo scendere in campo conto colui che era di fatto il proprio "principale, l'imperatore del Sacro Romano Impero Federico I Hohenstaufen, detto il Barbarossa, per mettere il cappello sulla vittoria poi ottenuta dai borghesi delle città ribelli.
Un film di genere, si sarebbe detto una volta, che si inserisce nel filone dei grandi film di guerra ambientati nel medio evo, come il Braveheart di Mel Gibson (ma io proprio ieri mi sono rivisto "Il Mestiere Delle Armi" di Ermanno Olmi), tanto per citare forse il più famoso, e che ha un suo pubblico, come dimostra il successo commerciale che la pellicola ha ottenuto all'estero. Il regista Martinelli ci fa infatti sapere che la sua creatura è il film prodotto dalla Rai che ha incassato di più al mondo:
«È il film della Rai che ha incassato di più nel mondo, lo abbiamo venduto ovunque perché è un buon prodotto, un epic movie come si dice in gergo, ben girato, ben confezionato che infatti all'estero è stato preso per quello che è, un film di grande epicità con battaglie ed emozioni».Eppure il film in Italia è stato un flop, prima nelle sale cinematografiche e poi nella sua versione televisiva, di cui è andata in onda ieri la prima puntata.
La ragione dell'insuccesso del film di Martinelli non sta però nella sua qualità artistica, al di la del giudizio che si può dare sul montaggio della fiction televisiva che se ne è tratto, quanto nella motivazione ideologica che ha voluto la produzione della pellicola, ovvero la sponsorizzazione della Lega Nord e del suo leader Umberto Bossi, alla ricerca di qualcosa che propagandasse le idee di libertà della "Padania" contro un potere centrale rappresentato questa volta dall'imperatore germanico.
Il film è pertanto diventato qualcosa di molto diverso dalla semplice opera di intrattenimento e si è trasformato nel manifesto politico della Lega Nord (per l'indipendenza della Padania) e come tale un oggetto da deridere e boicottare a prescindere dalla qualità del lavoro fatto da Martinelli e i suoi collaboratori.
Il risultato è impietoso: gli ascolti della prima puntata sono stati bassi e lo sono stati soprattutto al Nord Italia, nonostante l'invito di Umberto Bossi a sostenere il film, confermando che la base leghista è minoritaria ovunque nel paese (eppoi che c'entra il Veneto con la Lega Lombarda di Alberto da Giussano?), e per la Rai c'è il rischio di non riuscire a recuperare i sei milioni di euro spesi per produrre il film.
L'etichetta politica ha ottenuto il risultato di trasformare un prodotto di largo consumo in uno destinato ad un pubblico di nicchia, decretandone però l'insuccesso commerciale. Un fenomeno singolare.
Adesso bisogna solo sperare che a Bossi non venga in mente di far produrre un film sulla storia dei suoi Celti Insubri, che magari sarebbe pure interessante dal punto di vista storico ma che investito del compito di propagandare gli alti ideali della Lega Nord potrebbe essere l'atto finale di qualche pur abile giovane regista cinematografico.
C'è da dire pure che Renzo Martinelli aveva esordito con un film coraggioso e promettente, "Porzus", e l'aver ripiegato sul film di genere non gli fa onore.