Immaginavo Barcellona una città dei piaceri, una città del dolce vivere mediterraneo, del creativo caos spagnolo: ho trovato una città leggerissima, quasi spumosa, una città plastica, tutta da modellare con le mani, che hai l'impressione di star sognando e invece è lì, nella sua consistenza. Immaginavo una città tutta incentrata su Gaudì e l'immensa eredità da lui lasciata, ma Barcellona è molto di più dell'immenso Gaudì o di Joan Miró. Barcellona è una città dalla bellezza immediata, ma, come dire?, anche un po' sostenuta, tutt'altro che easy-going, come dicono gli inglesi: è una città in vetrina, sta lì, si esibisce, ma intanto fa mostra di sfuggire a ogni contatto.
Certo, però, è con Gaudì che tutto questo diventa magia: la strepitosa policromia del Palau de la Musica Catalana impallidisce di fronte al genio, a suo modo wagneriano, di questo singolarissimo architetto. Quando dico "wagneriano", non mi riferisco alla tendenza "mistica": Gaudì, lontanissimo da bagliori mitologici, aveva uno spirito autenticamente religioso, orientato e solido; pensavo proprio al concetto di opera d'arte totale, alla volontà, alla capacità di realizzare, modellare uno spazio vissuto da uomini, che soppiantasse i ripari della natura, senza perderne i doni e le qualità specifiche.
Tutto ciò diventa nella Sagrada Familia, il progetto eterno, qualcosa di vertiginoso. Il primo impatto è stato di confusione. E anche adesso preferisco la facciata occidentale, la forte, sobria e commovente immagine della Passione, a quella orientale, per me troppo carica, della natività. Ma è nell'equilibrio tra le parti, tra alto e basso, tra interno ed esterno, tra luce e aria, tra i colori, che si ottiene questo incredibile capolavoro. Le audioguide - forse un po' ripetitive, ma eccellenti nel caso di Gaudì - non cessano di sottolineare quanto proprio questa basilica sia opera collettiva: non solo perché il completamento dei lavori è previsto per il 2030, ma anche perché già in vita l'architetto sapeva che non avrebbe potuto vedere la Sagrada Familia completata.
Quando da Montjuïc o dal Tibidabo vedo quel cantiere ergersi, distinguersi dal resto delle costruzioni, con il mare sullo sfondo, ho l'impressione che ce la farà, che Barcellona, città leggerissima, mito sfatato di una modernità necessariamente senza fede e senza magia, prenderà il volo.