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Bari/ Università degli Studi “Aldo Moro”. A lezione di Lingua Italiana del Corso di Scienze della Comunicazione (Un esercizio di stile)

Creato il 02 giugno 2012 da Antonio Conte

Bari/ Università degli Studi “Aldo Moro”. A lezione di Lingua Italiana del Corso di Scienze della Comunicazione (Un esercizio di stile)

Antonio Conte

di Antonio Conte – Bari, il 31 maggio 2012, è una calda giornata di primavera, ormai ci siamo quasi e l’estate sembra davvero arrivare questa volta.

Percorro gli ultimi chilometri in auto decidendo dove lasciare l’auto, se al nuovo parcheggio di Via Cesare Battisti o al solito posto. Fa caldo, apro un po’ il finestrino, una folata di vento e polline riempie l’abitacolo, fatico per non starnutire mentre sento intenso il profumo di gelsomino salito in fretta fino al cervello. Supero la rotatoria di fronte alla ferramenta Deodato, e imbocco la deviazione per Via Capruzzi. Arrivo nei pressi del Conservatorio e decido di parcheggiare qui dimenticando tutto il ragionamento precedente.

Metto la giacca, prendo la borsa e chiudo l’auto, faccio alcuni passi, ma il pensiero di aver dimenticato il finestrino aperto sopraggiunge, mi guardo indietro. E’ chiuso, tiro dritto.

L’aria è calda, cammino spedito, penso che oggi e l’ultima lezione di Lingua Italiana del Prof. Ruggiero Stefanelli, spero di arrivare un po’ in anticipo anche se rallento un poco l’andatura per non arrivare troppo accaldato. L’aria è spessa, alcune folate di vento caldo misto al tanfo dello scarico delle auto.

Mi asciugo il sudore con un fazzolettino di carta, mentre percorro via Capruzzi dribblando tra i lampioni, le auto e i bidoni dell’immondizia fetida. Che poca considerazione hanno i pendoni da queste parti, e anche di biciclette se ne vedono poco. All’altezza del Ristorante Romanazzi Carducci attraverso, devo forzare, nessun automobilista pare intenzionato a cedere il passo ad un pedone. Mi faccio coraggio e vado dall’altra parte con lo stesso impeto di chi gioca alla roulette russa.

Il marciapiede da questa parte è puntellato dai bisogni dei cani portati in giro la sera ad ore stabilite. Osservo una fila di uomini con copricapo, alcuni con tuniche e molti con libri in mano, deve essere il Corano, sono i mussulmani della vicina moschea. Sembrano pacifici, ma si muovono in fretta, così tutti insieme credono forse di dare troppo nell’occhio. Da questa parte un gruppo di lavoratori italiani, si fa per dire, osserva incuriosito la strana processione.

Raggiungo finalmente la scala del sottopasso di Via Cairoli: la scendo, a metà un vecchio signore cattolico mi mostra una figura di Cristo Re Risorto aspettandosi in cambio una moneta. Mentre lo supero un signore con la bicicletta in mano sale le scale, procurando qualche disagio al flusso dei pedoni, eppure vi è un bel cartello che informa di non salire con oggetti ingombranti, ma fa parte delle cose italiane.

Ecco il tunnel della fermata delle Ferrovie Nord, mi chiedo come faccio a indovinare sempre gli orari di arrivo dei treni. Mi faccio largo in mezzo alla folla compatta che cammina verso di me, scendo il marciapiede, lo risalgo, passa una autoambulanza con sirene spiegate, il suono è assordante nel tunnel, anche perché la fila di auto ferme al semaforo raggiunge quelle ancora nel tunnel. Tutto regolare.

Ecco la salita davanti al Cinema Royal, percorro il mio lato sinistro a destra sulla parete del cinema ci sono due nuovi poster giganti: nel primo una ragazza sdraiata con rossetto giallo alle labbra nell’altro Chiambretti per i nuovi programmi di LA7, la prossima televisione nazionale.

Ecco l’incrocio tra i due binari della ferrovia, uno in trincea e l’altro sospeso, come gli antichi acquedotti romani. Il traffico qui è sempre più intenso, il rumore dei motori è assordante, l’odore degli scarichi delle auto si mischia a quello dell’asfalto e a quello della sigaretta di una passante. Qualche traccia di profumo nell’aria mi fa girare ancora un attimo ad osservarla. Sembra rumena a giudicare dal trucco troppo appariscente. La gola pizzica un poco mentre deglutisco con il caldo che aumenta, sembra di stare in Etiopia.

Osservo l’angolo di Via Quintino Sella, è proprio di fronte a me, si vede anche l’ingresso della Facoltà della Formazione, alcuni studenti sono fuori a fare conversazione mentre altri fumano, alzo lo sguardo per vedere le finestre aperte delle aule al primo piano, penso già ai prossimi esami. Al primo piano si trova anche la stanza del prof. Gallotta, insegna nel settore scientifico-disciplinare di Storia Contemporanea ed è stato presidente del Corso di Studio nella sede decentrata di Taranto, ricordo di aver letto sul sito dell’Università, che insegna nel corso di Laurea di Scienze e Gestione delle Attività Marittime. Un Corso davvero interessante, non tutti si rendono conto che l’Italia è una penisola molto grande e pertanto ha coste che si sviluppano su 7.456 km. Una simile lunghezza rappresenta un importante settore economico per lo sviluppo e l’occupazione in Italia.

Squilla il telefono, lo lascio squillare un po’ prima di raggiungere l’ombra e rallentare l’andatura. Mi fermo per prenderlo dalla tasca anteriore dei pantaloni e perché i touch screen richiedo due mani per rispondere, almeno per l’iPhone è così. I temerai lo fanno con una, ma per quello che costa conviene fermarsi. Riconosco il numero, è la Compagnia telefonica con un sondaggio di verifica della qualità, chiudo. Avevo memorizzato il numero l’ultima volta. Mi chiedo se quelli di Vodafone si chiedono se mi interessa rispondere ad un loro sondaggio. Ormai tutti dovrebbero sapere che è un modo per tenere legato il consumatore, ancora una volta con un inutile pretesto. Ma tant’è.

Guardo a destra e a sinistra per superare la strada, ma con le auto è sempre la stessa storia, bisogna quasi litigare per passare nonostante le strisce, a volte è sufficiente ignorare le auto e sperare che si fermino loro o che almeno rallentino. A volte inchiodano all’ultimo metro con mia grande palpitazione, poveri anziani penso. Capita spesso invece che debba essere io ad attendere qualche automobilista più educato. Ma a scuola non viene insegnata più l’educazione civica. Colpa dei tagli?

Finalmente raggiungo il marciapiede dall’altra parte di Corso Italia. Osservo a destra la ferrovia sopraelevata, i cui archi ora sono officine garage e negozi. Non si butta nulla in Italia. Il marciapiede è assolato e fa ancora più caldo qui, specie dopo una bella camminata, giro a sinistra, mentre supero il convento, per Via De Rossi fino al n. 233, ed ecco l’aula della delle tesi della Facoltà di Scienze della Comunicazione.

Entro nell’Auditorium di Via Derossi ed incontro alcuni studenti del primo anno, molti erano in aula solo nelle prime lezioni del Corso, ora si fanno rivedere per i seminari che attraggono sempre per i crediti formativi. Mi fermo a prendere fiato mentre ne saluto uno del secondo anno.

Un giovane del primo mi rivolge la parola per farmi degli apprezzamenti, ha notato infatti che ho seguito tutte le lezioni e mi fa dei complimenti che francamente non capisco. Se è una cosa così interessante da seguire come mai lui era rimasto sempre li in anticamera? Come mai non è entrato anche lui in aula? Scopro, di non avere risposte per tutto. Farfuglia alcune giustificazioni pensando di saperla tutta, ma è così poco interessante. Lo ringrazio e spiego che non vorrei perdere neanche questa in cui si parla di Italiano.

Entro e prendo posto, prima fina a destra, l’incontro si svolge interessandomi mentre sono in ottima compagnia: spesso arrivano applausi.

Mi capita di poter fare anche una bellissima foto ricordo ad alcuni illustri italianisti meridionali riuniti, si vede chiaramente, da una profonda amicizia e dalla spiccata conoscenza della Lingua Italiana e di Dante.

Antonio Conte

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