Lui in parecchie.
Chi è lui? Stefano Gianuario, il massimo esperto di bar a livello mondiale.
Colui che sulle pagine di questo blog ha già raccontato della vita notturna di Tel Aviv e soprattutto ha elencato, credo primo al mondo, le regole per riconoscere un bar da quel che bar non è.
Colui che ritiene non esista ragione al mondo, per un gentiluomo, per non indossare la giacca (e infatti lui la porta con disinvoltura anche nel clima torrido di questi giorni).
Colui con il quale ho condiviso le ore noiose di una conferenza stampa poco interessante. Dalla quale è però scaturito un articolo decisamente interessante: questo.
Perché nel caso non ve ne foste accorti, le donne dietro il bancone del bar stanno superando gli uomini.
E questo merita alcune riflessioni.
di Stefano Gianuario
Era forse la terza ora consecutiva di una conferenza che pareva non poter avere mai fine. Neppure con la morte di platea e/o oratori, ne ero sempre più tristemente certo.
Io e la collega Oriana Davini non sapevamo più cosa inventarci per giustificare la nostra permanenza,(non solo nella suddetta conferenza, ma sulla terra proprio).
Dopo aver passato in rassegna tutti i social, anche quelli di prossima invenzione, aver parlato e sparlato di conoscenti e non ed essersi soffermati, anche fin troppo a lungo, sull'ormai sopraggiunto Expo, il soffio della vita dentro di noi era pressoché spento.
In quel momento però, alla mia cara amica arrivò una mail che ci ridestò dal limbo comatoso nel quale eravamo ormai certi di sprofondare.
Una mail come tante ne arrivano a noi scribacchini, dove si parlava della diffusione dei bar in Italia, partendo dagli ultimi dati rilevati dal Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi n.d.r.).
Già solo la parola bar nell'oggetto della mail, aveva in parte ridonato un anelito nelle nostre anime ormai perdute, eppure non fu quello il fattore determinante per ritornare a pieno titolo alla vita.
Tra i tanti numeri, uno in particolare mi colpì; i titolari di bar di sesso femminile avevano sorpassato, forse per la prima volta, il genere maschile.
Da lì iniziai a vagare nei meandri dei ricordi di un memoriale pressoché infinito di bar, bevute, grandi bevute, colossali bevute e serate sperse e sparse in compagnia di nerboruti osti, ovviamente e indissolubilmente uomini.
Dal bar dell'Anpi, dove un panciuto ottuagenario, tale signor Giacinto, sbuffava anche solo all'idea di dover aprire una nuova bottiglietta di gassosa, (scritto proprio così per mettere in guardia sull'abbondante presenza di gas), e aggiungeva anche ai settenni del vinaccio bianco di quart'ordine, bofonchiando "partigiani sempre".
Per arrivare al buon Ago, tabagista incallito con dita gialle d'ordinanza che ficcava, non negando un certo piacere, dentro ogni bicchiere e che se non rispondevi a tono al suo milanese stretto e sbiascicante, potevi scordarti tranquillamente di bere per le sere a venire di tutta la tua vita ed essere etichettato con epiteti poco felici per le genti italiche provenienti dal Mezzogiorno.
O ancora il Mau, ex tranviere, ex sindacalista fondamentalista di cause casuali, fisico da lottatore greco-romano, capace di spaccare un tumbler di vetro con due dita se solo ti fossi permesso di storcere il naso per il sovradosaggio di un alcolico piuttosto che un altro.
E come dimenticarsi del Leo, brasiliano di nascita, filibustiere di adozione, che se trovavi una mosca morta nella birra era capace di dire "mangia&bevi" e farti pagare un sovraprezzo.
Erano tutti personaggi così, senza tempo e forse anche senza senso, ai quali ci si andava a legare con un misto di odio e amore, disprezzo e affetto, che un po' volevi lanciargli un bicchiere in faccia e un altro po' abbracciarli.
I frequentatori, gli abitué, i barfly di ogni generazione venivano letteralmente incantati e si lanciavano anche in arditi processi di emulazione, come il mio amico Albe, che a cinquant'anni suonati fece il grande salto, (d'altra parte del bancone), aprendo un bar tutto suo.
Pensavo a tutto questo e alla mia vita da uomo da bar da sempre amante delle donne che tollerava solo nel bar un mondo tutto maschile. E poi pensavo a un altro me, sempre uomo da bar, sempre amante delle donne, ma proiettato in un universo parallelo dove invece di osti scortesi e faccendieri, andava trovando il corrispettivo femminile.
Non arrivai a nessuna conclusione, come ad alcuna conclusione arriva questa riflessione.
La conferenza dunque fini e riuscimmo a guadagnare il banco del bar per un aperitivo; dietro di questo, nessuna fanciulla procace o dama sagace, bensì un alto, algido, austero barista che centellinava controvoglia del cartizze in flute striminziti, sorridendo a denti stretti.
Insomma, tutto cambia, affinché tutto resti uguale.