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Barry Tamerlane

Da Desian
Chi si ricorda di Barry Tamerlane, il Prepotente de "L'inventore di sogni" di Ian McEwan?
C'è un Barry Tamerlane in ogni scuola, qualcuno ce l'ha in classe. In ogni cortile se ne aggirano almeno un paio.
E, proprio come Barry Tamerlane, il Prepotente può non avere l'aria da prepotente ma possedere uno splendido paio di profondi occhi azzurri, lunghi e finissimi capelli biondi al vento e i vestiti alla moda di una ragazzina che ha ottimi risultati scolastici e che tutti ammirano. Così, invece di strappare di mano oggetti agli altri bambini e di "disfargli la faccia" con un pugno, usa un'altra tecnica: trova la sua vittima e la offende, in continuazione, con una perseveranza degna di miglior causa, per qualsiasi stupidaggine o goffaggine o banalità che la vittima possa fare. Se lascia cadere una penna (onta!) o le sfiora inavvertitamente il braccio sul banco, la vittima diventa immediatamente un'inetta da mortificare. Perché, si sa, quanto sia vincente la prepotenza!
E il successo di una Barry Tamerlane del genere non si misura in contusioni e labbra spaccate ma nelle adepte adoranti che riesce a conquistarsi e portarsi dietro, come la propria accolita. Quella pronta a sghignazzare per ogni offesa profusa.
Poi c'è Peter Fortune che è il protagonista della storia, dotato di intelligenza creativa e della capacità di modificare la normalità dell'esistenza sognando, appunto, le alternative ad occhi aperti. La letteratura e i suoi autori migliori hanno proprio questa forza: darci dei personaggi che, pur somigliando a noi tutti, abbiano la risposta che non troviamo mai oppure il bandolo della matassa che non riusciamo a sgomitolare. Insomma, ci insegnano che si può fare. Che un'altra modalità è possibile.
Perché infine c'è chi, in carne ed ossa, deve provare a convivere ogni giorno con la sua di Barry Tamerlane e non è affatto facile trovare le risorse che trova Peter oppure i trucchi e l'esperienza che hanno gli adulti. Si torna a casa scocciate, insolentite, mortificate perché la Tamerlane ha avuto da ridire su ogni cosa, persino la più banale, facendolo davanti a tutte. Qualche volta, quando la ferita è particolarmente profonda, viene da urlare persino che non si vuole più andare a scuola.
Roba grossa.
Noi adulti la vediamo in un modo, che è il nostro e che offre risposte buone per una certa stagione della vita. Se invece ci mettiamo, come fa proprio McEwan, all'altezza della stagione della loro, di vita, e dei loro sentimenti di undicenni, si capisce come la piccola Prepotenza e l'offesa che ne deriva diventino intollerabili perché minano la cosa più preziosa di questa età: la personalità in costruzione, la stima di sé e del proprio posto nel mondo, l'autorevolezza (perché si chiama così anche questa) nel contesto del loro piccolo luogo sociale, che sia una classe di scuola, un gruppo scout, una compagine sportiva.
E una Barry Tamerlane diventa giustamente insopportabile e farne la sociologia quotidiana (si comporterà così perché è viziata oppure perché non viene considerata da nessuno oppure perché conosce solo questa modalità oppure oppure oppure) non serve a nulla, a volte ti viene voglia di allungarglielo tu un pugno sul naso.
O forse, alla fine, ha davvero ragione la letteratura: tu non esisti, Barry Tamerlane, e non mi fai paura. Guai a te se ci provi ancora, questo è il mio spazio e, se vuoi, possiamo condividerlo altrimenti non ci provare nemmeno Barry, stammi alla larga.
Fatti i fatti tuoi.
Smettila, sei ridicola.

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