2010: Basilicata coast to coast di Rocco Papaleo
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“Un film spontaneo e sincero” per Repubblica, “Una sconclusionata sciocchezzuola a passo di lumaca” per Il Giornale.
Come ha diviso la critica, il film dividerà sicuramente il pubblico. Alcuni lo troveranno lieve e leggero, divertente e rilassante, altri lo giudicheranno vuoto e inconsistente, sostanzialmente un’occasione mancata di ritrarre con un minimo di costrutto personaggi e ambienti poco conosciuti. Personalmente mi schiero tra i secondi.
Basilicata coast to coast ha l’ambizione di volerci mostrare un Sud diverso da quello normalmente presentato dal grande schermo e, allo stesso tempo, delineare la crescita e la presa di coscienza dei diversi personaggi di cui seguiamo l’avventura picaresca. L’impressione però è che il film tenda a girare a vuoto: alcuni bozzetti folcloristici, qualche monologo di stampo televisivo, battute e situazioni comiche che si perdono in una sceneggiatura che pare non aver molto da dire.
Rocco Papaleo ha una bella faccia cinematografica, dote che andrebbe messa a servizio di una «storia» da raccontare. Qui abbiamo un buon punto di partenza che lascia ben sperare ma poi… Due ore in cui sostanzialmente non accade nulla: se il film durasse la metà, nulla andrebbe perso.
Scene e situazioni intercambiabili, attori lasciati completamente liberi e senza direttive precise. Quest’ultimo aspetto potrebbe avere del positivo per delineare un quadro fresco e spontaneo: in effetti si trasforma in un caleidoscopio di prestazioni discordanti che vede interpreti meritevoli di elogio nella loro simpatia, plausibili e convincenti (è il caso di Max Gazzé, Paolo Briguglia, Michela Andreozzi, Claudia Potenza), e attori completamente fuori parte di cui non è chiara la presenza (è il caso dei due «divi» Giovanna Mezzogiorno e Alessandro Gassman che danno l’impressione, specie la prima, di farci un favore a prestare le loro facce ai rispettivi personaggi).
Benchè scarsamente brillante, Basilicata coast to coast non è comunque da giudicare un’opera completamente negativa. E’ garbato e non volgare (rara eccezione, da elogiare senza condizioni, nel panorama della commedia italiana), il regista-autore non centra l’attenzione esclusivamente su di sé ma si mette al servizio di una rappresentazione corale, appezzabile l’invito a ritornare al contatto con la natura e a celebrare la musica come autentica espressione del nostro sentire. Lodevole infine il coraggio di realizzare un qualcosa di nuovo e di diverso per la nostra cinematografia (alquanto restia a trattare sia il road-movie che la commedia musicale).
Concordo, sostanzialmente, con quanto scritto su Cineblog: “il film si trascina tra alti e bassi… finendo per dare l’impressione, come spesso ripete il personaggio della Mezzogiorno, ‘di vedere sempre la stessa scena’, convincendo così a metà. Si sente e si vede la poca esperienza di Papaleo, sia in cabina di regia, statica e troppo poco frizzante, che in quella di sceneggiatura, decisamente balbettante, per quello che in definitiva possiamo etichettare come un esordio interessante ma sicuramente difettoso”.
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