Ti scrivo dal
buio di una camera vuota, nonostante mi fossi imposta di riporti in uno
scatolone, a lasciare che ti confondessi con i ricordi: tu che sei uno di
quelli.
Volevo farti
prendere polvere mentre il tempo strappava prepotentemente alle mie mani i
secondi, i minuti, le ore, i giorni, le settimane, i mesi…anche gli anni senza
di te.
Ne sono
trascorsi tanti ormai, ho perso quasi il conto, mentre mi aggrappavo a speranze
inutili, convinta che qualcosa sarebbe cambiata, prima o poi.
Ma “prima o
poi” non è esistito. È stato una bugia che mi sono raccontata fino a convincermi
davvero che potesse essere possibile stravolgere quella realtà decisa a
mantenere le distanze.
Ciniche foto
riempiono pareti, costringono il passato a ritornare, a ingombrare spazi che
non gli appartengono. Quel pensiero nuovamente fisso pretende ancora una
possibilità: non gli è bastata la seconda, nemmeno la terza, la quarta…vuole a
tutti i costi provarci ancora, assicurandomi che non sarà come le altre volte.
Ma io ho
smesso di credere alla sua buona fede, ai suoi buoni propositi, al suo
“ritornerò” pronunciato fin troppo spesso e concretizzatosi mai.
Ho cercato di
dire “basta!”con la fermezza di chi, in realtà, ci crede ancora e ho tentato di
convincere anche me stessa di quella parola. Confidavo nel tempo: mi avevano
assicurato che avrebbe trascinato con sé tutti i dispiaceri, le gioie, i dolori,
i rimpianti, la tristezza, la malinconia, quella stupida allegria…tutto ciò che
odora di vecchio.
Ci contavo.
Adesso mi sto
accorgendo che però, forse, il mio è difettoso, deve avere per forza qualcosa
che non va. Probabilmente è troppo fragile. O forse è solo dispettoso. Un
immaturo. Come la mia memoria che promette e non mantiene niente. Mi aveva
giurato che avrebbe dimenticato. Io, ingenuamente, le ho creduto. E invece no.
Ti ha fatto tornare qui, adesso.
Adesso che sei
una di quelle voci stridule che riecheggiano ancora, fino a sovrastare il caos
incredibile del silenzio.
Sei la mia
rabbia che non so far tacere.
Sei un
pensiero che ti dedico ogni volta che l’amarezza mi si fionda addosso, un po’
mi distrugge, mentre scende quella lacrima che non so giustificare.
È tua,
prendila!
È per te,
amica che mi hai lasciato in ginocchio a supplicare il cielo di farti tornare.
COMMENTI (1)
Inviato il 10 maggio a 22:09
scrivi molto bene