2009: Whatever Works di Woody Allen
Il ritorno di Allen a Manhattan. Un ritorno non solo geografico…
Un ritorno alle atmosfere, ai personaggi, ai temi di cui Woody Allen era riconosciuto maestro e che lo hanno fatto tanto amare. Ma in Basta che funzioni qualcosa non funziona. Molti dialoghi sono brillanti e divertenti, alcune battute sono fulminanti, il messaggio è ottimo (1) ma nel complesso il film sembra procedere stancamente, senza ritmo né mordente.
Solito grande flop negli Stati Uniti. Il film ha invece entusiasmato i critici italiani: “Una commedia divertentissima e desolata” (La Stampa), “Dialoghi smaglianti e incendiari” (Il Tempo), “Woody Allen torna nella “sua” Manhattan per ritrovare tutto ciò che credevamo di sapere del suo cinema di una volta, senza sbagliare un colpo” (Il Messaggero”, “Whatever Works… è un film libero, variazione spassosa e melanconica sulla morale, l’amore, la vita” (Il Manifesto). Entusiasmo che francamente non riesco a spiegare. Fuori dal coro, Repubblica scrive: “La capacità alleniana di scrivere battute divertenti è inalterata; però il pubblico conosce ormai troppo bene il repertorio per non avvertire un senso di già-sentito”.
Solitamente la comicità nasce dal contrato tra personaggi assurdi inseriti in una normale situazione, o da personaggi normali inseriti in una situazione assurda: qui abbiamo personaggi assurdi in una situazione assurda. Il risultato è che il tutto sembra falso e artefatto, improbabile e inverosimile. Lo spettatore non si immedesima, non si sente coinvolto: a volte (raramente) si diverte ma nel complesso rimane indifferente a quanto gli viene raccontato.
La scelta del cast non è felice: Larry David non è accattivante, mi è sembrato piuttosto monocorde e senza carisma. Evan Rachel Wood è sopra le righe, spupazza troppo e procura più fastidio che tenerezza e simpatia (come il ruolo comporterebbe). La migliore in campo è senz’altro Patricia Clarkson, assurda ma equilibrata e convincente.
note
(1) Messaggio che Giancarlo Zappoli così riassume: “Il Woody over 70, supera l’anedonia (cioè l’incapacità di provare piacere in generale) di un tempo per suggerirci, novello Lorenzo De’ Medici, che non è solo la giovinezza che si fugge tuttavia, è la vita stessa. È allora fondamentale catturare tutto il bene che può venircene. Unico principio da rispettare: non nuocere agli altri. Unica regola valida: guardarsi dentro per capire cosa per noi è davvero importante. Senza falsi moralismi e, in qualche caso, credendo anche in un dio gay (e arredatore) per sperare in un aldilà su misura”.
Ma Federico Gironi giustamente nota come nella sua “recente ossessione di voler dichiarare ad ogni costo come le dinamiche sentimentali ed amorose siano o debbano esser vissute nel nome di una libertà di scelta e comportamento che ha come fine ultimo solo la conquista di un brandello di felicità per sé e per gli altri… Allen sembra tanto ansioso di convincere i suoi personaggi ed il suo pubblico (al quale non a caso si rivolge direttamente attraverso il personaggio di Boris) da mancare in spessore e sincerità, risultando costruito e forse vittima della voglia di giustificarsi di fronte al mondo”.