basta un tocco di glamour

Da Suddegenere

Anime nere non l’ho ancora visto, mi propongo di leggere prima il libro di Gioacchino Criaco da cui è tratto il film. So però che la versione cinematografica ha riscosso un notevole successo di critica, anche se (le mie) fonti autorevoli  dicono che nel film c’è una morale sottaciuta e romanzata che nel libro pare non trasparire, ossia che la ribellione alla ‘ndrangheta è possibile sì, ma solo attraverso un gesto di estrema e inaudita violenza – e  noi sappiamo che nella “vita reale”  la ribellione alla ‘ndrangheta è possibile e c’è stata, ma con altre modalità e a costo della vita di chi si ribella.

Tuttavia ero rimasta indietro di qualcos’altro, ovvero il ritorno in tv di Beatrice Borromeo con due “documentari” che hanno tutti i  presupposti per rappresentare la perla della programmazione autunnale. Leggerne la presentazione mi convince che si tratta di un imperdibile, del resto il valore delle analisi giornalistiche di Beatrice Borromeo è indubbio  (ohibò),

e il titolo del suo programma, pensato mentre presentava un lavoro sul traffico di cocaina che dal Sudamerica arriva in Italia  per la tesi  del suo master in giornalismo alla Columbia University, la dice lunga su tutti i fronti: “Lady ‘ndrangheta” (n.b. lady, da vocabolario donna di un certo riguardo)

Avendo la massima fiducia nelle capacità di B.B. di non galleggiare sulla superficie delle cose, sono certa che  avrà studiato bene e si sarà documentata su quanto scritto, in modo lungimirante (ma soprattutto non romanzato), su quella che è stata definita la affermazione di uno pseudo-soggetto femminile che riguarda le donne della ‘ndrangheta, le quali certamente sono tutt’altro che immuni dall’esercizio della violenza e certamente hanno assunto più volte ruoli determinanti nelle organizzazioni criminali ma quando prendono il “comando”  è  per subentrare ad un uomo di famiglia “impedito nell’esercizio delle sue azioni e decisioni”, morto o in prigione. Volendo dire con ciò che la chiave di lettura che viene citata da B.B. di “società matriarcale nella mafia calabrese“, nonostante sia piaciuta a Newsweek che ha finanziato le riprese, fa sghignazzare amaramente chiunque abbia un minimo di dimestichezza e conoscenza della Calabria. Nonostante il ruolo centrale e in continua evoluzione delle donne nell’organizzazione mafiosa, infatti, la ‘ndrangheta continua ad essere “una società segreta criminale maschilista”, che esaspera una certa ideologia maschile  di “fratellanza tra  uomini veri”, in maniera definita da qualcuna “fascista e guerrafondaia”.

Chissà che scoop l’intervista a Marisa Merico, ““Principessa della mafia” che vive all’estero all’insegna di una vita “rispettabile e borghese”

«Una donna calabrese che ho amato e che amo ancora» dice M. Merico di Maria Di Giovine (la nonna) in un’intervista fatta al Corriere nel 2011. Ma la nonna non sarà mica la madre di Rita Di Giovine? che dopo l’arresto  diceva ai giudici << Io sono stata vittima di violenza dall’età di sette anni fino all’età di diciannove anni (…) sono stata violentata di brutto un giorno si e uno no, fino a quando non mi sono ritrovata incinta (…)ho avuto il figlio (…). Lui l’ha scoperto da quando ho iniziato a collaborare, gliel’hanno detto per vendetta.Poi ricade su mia madre, perchè ti ho chiesto aiuto in ginocchio, piangevo come una disperata e tu mi hai fatto picchiare da tuo figlio dicendo che la puttana ero io, avevo solo sette anni.”  ( in Donne di mafia. Affermazione di un pseudo-soggetto femminile. Il caso della ‘ndrangheta.” Renate Siebert, 2003).

Che  amabile nonnina.

 Ed è contenta, Marisa Merico, che nientepopodimeno che il nipote di Grace Kelly sia stato  a casa sua a fotografarla (in quanto fidanzato aiutante accompagnatore di B.B.). Chissà, magari gli avrà anche regalato una copia autografata del suo libro pubblicato con la Sperling & Kupfer dal titolo “l’intoccabile”.

“Basta un tocco di glamour e la pillola va giù, la pillola va giù, la pillola…[..]“

ps di donne e ‘ndrangheta qui si è scritto molto, cerca quello che vuoi.


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