Sono passati cinque giorni dal ballottaggio delle primarie e sono accadute cose che altrove parrebbero singolari, per non dire enigmatiche. Bersani dopo aver vinto, non è andato a riposarsi o ad accendere un cero a papa Giovanni, ma si è affrettato a volare a Tripoli, ufficialmente per “diventare l’amico numero uno della Libia liberata” , mentre il caimano è uscito dalla tana di fango nella quale giaceva incerto e ha annunciato non solo la decisione di ripresentarsi, ma anche di voler mettere in mora Monti e andare al più presto le elezioni.
Ce n’è abbastanza per chiedersi cosa stia succedendo. Perché il segretario del Pd che dopotutto deve ancora passare la selezione delle urne, è costretto a precipitarsi nello scatolone di sabbia a rassicurare chi e che cosa? E perché un leader ormai decotto e circondato da ignobili servetti che hanno fatto solo finta di aver acquisito una dignità politica, due giorni dopo la missione bersaniana ritiene di scendere di nuovo in campo? Probabilmente a Bersani non è bastata l’investitura delle primarie, ma doveva indirettamente fare omaggio a quel coagulo di interessi da cui è nata la decisione di rovesciare Gheddafi e che ha dato origine a una situazione anzi fluida e incerta. Ed è anche possibile che Berlusconi si sia mosso in maniera così improvvisa, impetuosa e al solito ricattatoria intuendo che se il segretario del Pd mette i piedi dentro la politica dei volenterosi euroamericani e ne diventa il fiduciario, per lui è davvero finita l’avventura e la possibilità di esercitare pressioni in favore del suo impero. Non è che stia dicendo a qualcuno: ehi ci sono anch’io?
Non so rispondere, non ho elementi sicuri per determinare il senso di questa straordinaria contiguità temporale fra i due eventi. Ma una cosa mi pare che si disegni chiara come quelle ombre fantastiche che si producono con le mani: la politica italiana è ormai completamente eterodiretta: dalla finanza, dalla Merkel e da Bruxelles attraverso Monti e da altri centri di potere, vedi la Nato o gli interessi petroliferi o quelli nostrani per altri versi, i quali esigono di essere rassicurati e omaggiati dai leader presenti e futuri. Gli elettori sembrano del tutto esautorati dalle decisioni che contano davvero le quali non compaiono, ma sono le mani che formano le ombre del discorso pubblico. Del resto il carico di inquità nel quale giorno per giorno si sprofonda, la noncuranza vero i risultati referendari, le terribili vicenda dall’Ilva, le incredibili vicende degli esodati, il baratro sempre più grande fra le enunciazioni e ciò che viene realmente fatto, sono la migliore dimostrazione di tutto questo. E quando il Quirinale avverte non sfasciamo tutto non si sa bene a cosa si riferisca se a un governo che comunque ha solo tre mesi di vita o al viluppo di interessi e e diktat che ci stanno soffocando.