La ‘povna – come è noto – viaggia in treno tutti i giorni, recandosi, con precisione e alternanza, nell’altro mondo o nella città della scuola. Proprio per questo è solita farsi, ogni mese, un personale abbonamento, che le consente di salire e scendere a suo totale capriccio dai vagoni ferroviari. Normalmente, va detto, arriva sempre in ritardo, si dimentica: e finisce per comprarlo all’ultimo momento, a scappa e fuggi, al primo di ogni mese. Questa volta però – complice un treno perso in corsa – ci aveva pensato con anticipo, garantendosi il suo titolo di viaggio per il mese di febbraio già dalla scorsa settimana.
Lo doveva prevedere, che lo sceneggiatore gliela avrebbe fatta pagare a caro prezzo. Così – per cominciare degnamente il lunedì – la ‘povna pensa bene di perdere per strada il portafoglio, nel tragitto (duecento metri in tutto) tra la scuola e la sede del comune dove doveva seguire un seminario. Cerca, ricerca: alla fine si deve arrendere; segue la nota sequenza carabinieri, denuncia, blocco della carta e del bancomat. E tutte le spiacevoli varie ed eventuali. Che raggiungono però l’apice quando la ‘povna si reca in stazione, allo sportello: dove le spiegano, ineluttabili e spiacenti, che no, l’abbonamento non è possibile rifarlo. Se la ‘povna vuole viaggiare a febbraio quanto vuole, come sempre, deve solo e semplicemente ripagare. Troppo stanca per polemizzare più di tanto, la ‘povna infila la via di casa, verso il caldo. E, mentre ingurgita una cena destinata a restarle sullo stomaco, si sfoga al telefono con Viola (a letto con il colpo della strega, dopo una settimana pessima): “Mo’ vediamo che cosa mi dice domani la banca” – annuncia preparata a tutto – “se ho ancora i miei soldi sul conto, me ne farò una ragione, e poi pazienza. Altrimenti, prima di andare sul ponte a chiedere ufficialmente l’elemosina, compro quattro birre a testa come minimo, passo da casa tua, e la buttiamo in una colossale sbronza, per dimenticare”.