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Bed Time di Jaume Balagueró: dacci oggi il nostro mostro quotidiano
Creato il 14 luglio 2012 da SaramarmiferoE se qualcuno ogni notte strisciasse nel buio da sotto il vostro letto per compiere le più folli nefandezze? È quel che accade agli inquilini di un elegante palazzo di Barcellona, costantemente spiati da César, l'insospettabile portiere che, giorno dopo giorno, annota sul suo taccuino i più infimi dettagli delle vite di ciascun condomino, con l'insano proposito di avvelenare, poco a poco e con piccoli gesti quotidiani, la serenità dello stabile. Nel suo ultimo film Bed Time (Mientras duermes), l'asso dell'horror spagnolo Jaume Balaguerócambia registro, mette da parte le raccapriccianti creature della fortunata saga di [Rec] (presto sugli schermi il terzo episodio, diretto dal fedele Paco Plaza), e ricaccia nell'ombra i fantasmi di bambini sacrificati che infestavano Darkness e Nameless, per far leva su una nuova fobia umana, altrettanto ancestrale e infantile. Quella delle tenebre, del male che ci sorprende e colpisce nel sonno, nel momento di massima vulnerabilità. Il regista si è ispirato alle pagine scritte da un collaboratore di vecchia data: lo sceneggiatore italiano Alberto Marini. Una scelta, quella del cineasta iberico, che non stupisce affatto, vista lo scenario dell'omonimo libro, ambientato in un microcosmo claustrofobico e ambiguo che ben si adatta alla sindrome da “Overlook Hotel” del filmmaker, che già in passato lo ha reso facile preda di inquietanti trame consumate in spazi chiusi. La formula del thriller psicologico impone a Balagueródi misurarsi con un terrore per lui inedito. Una paura formato casalingo, che si insinua tra le miserevoli pieghe del quotidiano di César, all'insegna di una verosimiglianza che non concede scappatoia alcuna a sottotrame sovrannaturali. Abituato nei precedenti set ad orchestrare un coro di comprimari, per la prima volta il regista si trova faccia a faccia con l'agghiacciante assolo di un protagonista incontrastato, e con la gigantesca onda di malvagità provocata dalla sua frustrata deriva esistenziale. Un uomo disturbato che ha il volto poco rassicurante del bravo Luis Tosar, unico deus ex machinadell'intera azione. In questa specie di favola nera, la luminosa ed innocente Clara, designata dal lupo come perfetta Cappuccetto Rosso, con il suo sbandierato sorriso diventa suo malgrado antagonista e al tempo stesso vittima prediletta dell'orco. Di lui sappiamo che odia la felicità altrui, ma non viene fornita una giustificazione psicologica alla sua mostruosità. È nato cattivo e morirà forse assassino. Rappresenta la quintessenza stessa della crudeltà. Uno psicotico di prim'ordine, quindi, e tuttavia incapace di assurgere, come avvenne per l'illustre collega Jack Torrence di Shining, al rango di villain che toglie il sonno. Ma la forza del film sta proprio nell'evoluzione del suo personaggio principale. Nelle sequenze iniziali, lo osserviamo con sguardo indulgente alle prese con i suoi primi misfatti, che non sembrano creare più disagio delle marachelle di un moccioso pestifero. Più che di misfatti, sarebbe meglio parlare di dispetti: ruba la posta, lascia seccare le piante che gli vengono affidate, dispensa diarrea al cane di un'anziana signora riempiendogli la ciotola con triple razioni di torta, provoca eruzioni cutanee ed invasioni di blatte. Quasi un moto di divertita tenerezza ci stringe il cuore nello scoprire che questo marmocchio troppo cresciuto subisce il ricatto di una bambina, l'unica ad aver intuito la sua reale natura, e alla quale ogni mattina deve allungare qualche banconota perché non faccia la spia. E basterà che César resti intrappolato nell'appartamento di Clara, o meglio sotto il suo materasso, rischiando così di essere sorpreso, perché lo spettatore trasformi la tenerezza in aperta partigianeria. Salvo poi pentirsene sul finale, quando il piano architettato dal sempre meno innocuo portiere sguinzaglierà una violenza, anche sessuale, talmente brutale da spazzar via ogni possibile identificazione. Affilati i ferri del mestiere nell'eclettica palestra stilistica dell'horror movie, cui la scuola iberica ha regalato in questi ultimi anni non poche soddisfazioni, Balaguerósi muove con estremo agio nel regno della suspance, destreggiandosi molto bene tra gli stilemi del thriller a suo tempo codificati da sir Alfred Hitchcock, il quale prima di ogni altro aveva compreso le enormi potenzialità scaturite da un piccolo stacco di moviola o da una semplice soggettiva, capaci di dirottare l'immedesimazione del pubblico verso i personaggi meno prevedibili. Bed Time fa tesoro della tensione sobria e calibrata propria del cinema classico e raccoglie l'imprescindibile eredità del maestro del brivido con la sicurezza del primo della classe. Lo fa senza profanarne i precetti con “vandalismi” di stampo modernista, evitando la trappola manierista in cui rovinosamente cadono oggi molti esemplari del cinema di genere. Tuttavia, pur nel rischio di qualche sbavatura di troppo, un pizzico di spregiudicatezza in più avrebbe forse reso meno insipido un prodotto certo ben confezionato, ma molto, troppo disciplinato.
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