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Molto si può dire della carriera di regista di Steven Soderbergh, ma non che sia privo di coraggio. Maneggiare un soggetto rischioso come quello da cui è tratto Behind the candelabra di certo richiede nervi saldi e polso fermo. Fino dalla pre-produzione il film non ha avuto vita semplice, considerato "too gay" dalle major hollywoodiane, ha trovato miglior fortuna presso la HBO, eccelsa casa di produzione televisiva. Per una volta tanto si può provare anche una certa empatia per i produttori: nulla (proprio nulla) di esplicito, scabroso o sconveniente viene taciuto da Soderbergh nella rappresentazione di uno scorcio della vita di Valentino Liberace, uno dei più grandi musicisti e showman fra gli anni 60 e gli 80, seppure poco noto da questa parte dell'oceano.
Il film è tratto dalla biografia di Scott Thorson, che fu compagno di Liberace fra il 1977 e il 1982. Dietro il candelabro, che il musicista teneva sempre sul pianoforte, è l'immagine scelta per mostrare il Liberace privato. Dal primo incontro, quasi fortuito il rapporto fra il maturo ed eccentrico showman ed il giovane e inesperto (fra i due c'erano ben quaranta anni di differenza) Scott evolve in una sorta di matrimonio, per poi implodere sotto la spinta del narcisismo di Liberace, che si spinge fino a far modificare chirurgicamente (le sequenze dell'operazione son piuttosto disturbanti) il volto dell'amato per renderlo più somigliante al sè stesso giovane, delle droghe e di una vita troppo scollegata dal mondo reale per essere vera. Nonostante tutto, una scintilla del rapporto fra i due potrebbe essersi salvata, se in punto di morte il giovane viene convocato per un ultimo chiarimento: sarà sincerità, richiesta di compassione o l'ennesima contraddizione di un personaggio fino all'ultimo sopra le righe?
Bizzarra ma riuscita la scelta degli interpreti: Michael Douglas è straordinario nella caratterizzazione degli atteggiamenti del personaggio (e pare anche della voce, che io però non ho potuto apprezzare in versione originale), il suo Liberace - come quello originale - è un personaggio che vive di contraddizioni fra il personaggio pubblico e quello privato, fra religiosità e sessualità, fra business e cuore, fra cinismo e passione. Matt Damon riesce nell'impresa "impossibile", per un quarantenne, di farci dimenticare la sua età anagrafica. Il suo Scott è totalmente soggiogato dalla personalità di Liberace; pagherà a caro prezzo l'aver accantonato per lui i propri sogni rinunciando a vivere se non in funzione del suo mentore. Rob Lowe compare nel ruolo del tiratissimo dottor Startz, il chirurgo plastico che opera sia Liberace che Scott. E' un ruolo minore ma l'interpretazione è davvero incisiva. Il grande Dan Aykroyd, infine, interpreta Seymour, l'inflessibile manager di Liberace. Il suo personaggio è quasi inesistente, ma rivederlo sul grande schermo è sempre una gioia.
Liberace passò la vita a negare pubblicamente di essere omossesuale, terrorizzato dalla prospettiva di essere etichettato come gay, vietando a i componenti del suo entourage - con le buone o con le cattive - di rivelare alcun dettaglio sulla sua vita privata. A quanto pare la società americana perbenista e benpensante era ben disposta a passare sopra gli abiti di scena eccentrici, paillettes, lustrini e pellicce pur di non porsi qualche domanda scomoda. Al primo incontro fra Scott e Lee (il soprannome di Liberace) parlano degli inseparabili cagnolini dello showman. Lee sostiene che i cani ci amano incondizionatamente anche perchè non ci conoscono a fondo, se sapessero cosa pensiamo davvero, non potrebbero esserci così fedeli. La parabola rappresenta il rapporto fra le star dello showbiz ed il pubblico, se davvero conoscessimo i nostri idoli, se ne vedessimo la vanità, l'egocentrismo non li ameremmo più. L'idolo, reso umano, è solo un piccolo uomo come tutti gli altri. Un pensiero inaccettabile per l'ego di ogni artista.
2013 - Dietro i candelabri (Behind the candelabra)
Regia: Steven Soderbergh
Sceneggiatura: Richard LaGravenese
Costumi: Ellen Mirojnick
Scenografia: Howard Cummings
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