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Mark Pellington è un regista che adoro. Arlington Road e The Mothman Prophecies rappresentano una doppietta di thriller per me tra i migliori degli ultimi 15 anni. Il primo nel 1999 ha anticipato le tematiche del terrorismo che irrompe nella vita di tutti i giorni, tanto di moda nel post 11 settembre, il secondo ha virato ottimamente in una direzione horror fantasy visionario alla Donnie Darko. Pellington è poi anche tra i creatori (e regista di alcuni dei migliori episodi) di Cold Case, una delle poche serie crime che riesco a vedere, visto che si allontana dalla solita routine dei glaciali CSI per proporre in ogni puntata dei veri e propri viaggi nel tempo, accompagnati sempre da una azzeccatissima colonna sonora.Come regista di videoclip, Pellington ha quindi fatto cose pregevoli come “Jeremy” dei Pearl Jam, “We’re in this together” dei Nine Inch Nails, “Best of you” dei Foo Fighters e “One” degli U2 (la versione con i bufali). Tutto questo popò di curriculum però evidentemente non basta per farlo entrare tra quelli che la critica considera i grandi Autori del cinema di oggi. Pazienza. Almeno io comunque lo considero come tale.
Di questo suo ultimo Harry Poole is here, passato molto inosservato e da noi uscito solo in DVD, c’è però da dire che non è effettivamente il suo lavoro migliore. Il film parte in sordina, ma poi lentamente decolla, seppure non riesca a spiccare il volo come un jet confortevole e supersonico. Diciamo più che altro che fa fare un viaggio moderatamente tranquillo come con Ryanair: non ha molti comfort, ma sa comunque raggiungere la meta in maniera efficace e a buon prezzo.La storia è quella di un uomo (un inespressivo, ma probabilmente era il copione a richiederlo, Luke Wilson) che torna nei suburbi (alla Arcade Fire) della sua infanzia totalmente privo di stimoli e di voglia di vivere. Nel corso del film scopriremo il perché.
La tematica principale qui affrontata è molto pericolosa: l’eterno scontro tra fede e ragione. Si può davvero credere nei miracoli? Sono solo credenze popolari? Le cose possono davvero, intendo radicalmente, cambiare? I sentieri qui scelti per fortuna non scadono troppo nel mistico e lasciano aperta la riflessione.Il valore aggiunto della pellicola sta però principalmente in una regia che procede tranquilla per poi inventarsi all’improvviso qualche guizzo che aggiunge valore a una storia che qualcuno potrà trovare troppo spirituale e buonista, e forse un po’ è davvero così. Però quando arriva un finale con una delle canzoni che più mi commuovono in assoluto come “Promises” di Badly Drawn Boy, beh: che la ragione si fotta.(voto 6,5)
(solito velo pietoso da stendere sul titolo italiano…)
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