Dieci giorni fa ero a Torino, camminavo lungo portici infiniti e arrivavo al Po, quel mito che fin dalle scuole elementari spacciano per il fiume più lungoimportantemirabolante d’Italia: il mitico Po io l’ho visto, esiste davvero, ed è stata la mia seconda scoperta torinese.
La prima sono state le bandiere.
Sì, perché, venendo da Palermo, non si può restare indifferenti al patriottismo di una città teoricamente industriale e del freddo nord come Turìn. Da palermitana con un minimo di raziocinio che superi il pensiero della pasta al forno della domenica, vi dico che, entrando in via Garibaldi (la via pedonale più lunga di Torino e forse d‘Europa), non si può restare indifferenti: non si può non ammirare l’ordine, la lunghezza geometrica, la perfezione nobile e rinascimentale della prima delle tante vie torinesi bardata a festa per i primi 150 anni dell‘Italia unita.
…Prima di metterci piede, mi sembrava quasi strano pensare che prima di Roma e di Firenze c’era Torino: prima capitale d’Italia dal 1861 al 1865. Ci pensate mai?
Poi arrivi lì e vedi le bandiere e le vetrine e i negozi e il centro, e capisci che è vero.
Non c’è bisogno di chiedere a nessuno, non c’è bisogno di leggere nulla; lo vedi e basta.
Ma c’è di più: i gioiellieri per l’occasioni creano vetrine con monili tricolori, i venditori di borse cuciono pseudo-pellami in verde-bianco-rosso, i negozi di abiti espongono in vetrina una sequenza di 3 camiciuole o cinte o jeans o scarpe o qualunque cosa che riproduca il nostro vessillo, la Mole Antonelliana è incoronata di un “collier” luminoso di quali colori? Ma della bandiera italiana! …Mole vestita di tricolore che i maîtres chocolatiers si sono ben curati di riprodurre fedelmente in puro cioccolato finissimo del Piemonte. E ancora, i venditori di case appendono dentro le loro vetrine annunci stampati su fogli A4 verdi, bianchi e rossi, i ristoranti propongono il menu del partigiano, la Benetton ovviamente non vuole essere da meno e veste i suoi manichini fashion di foulards bandiereschi e svolazzanti. Lo stesso dicasi per i commercianti di orologi, portamonete, cerchietti, fermagli per capelli, collanine, spillette. Ovviamente, anche i restauratori di edifici a Torino sono ferventi patrioti, ed è così che sull’impalcatura che sorregge una palazzina del centro troveremo verniciate un centinaio di bandiere.
Non dimentichiamo infine che la scritta “Grazie… 1000!” campeggia fiera in rosso sulle vetrine più imponenti, e che sotto i portici, accanto alle bandiere, vi sono spesso degli stendardi raffiguranti i tutti protagonisti del Risorgimento della provincia torinese: Carlo Alberto, Vittorio Emanuele II, Massimo d’Azeglio, il conte di Cavour, Mazzini, Don Bosco, Garibaldi, etc.
Il tutto è poi corredato da spettacoli teatrali, opere, concerti di musica classica e contemporanea, festival, rassegne cinematografiche, mostre e convegni nelle principali sedi culturali della città e della regione, itinerari risorgimentali, competizioni internazionali di sport in cui gli azzurri conquistano da sempre grandi successi, Raduni Nazionali delle Associazioni delle Forze Armate, musei tradizionali, innovativi, nuovi di zecca, castelli e ville private riaperti al pubblico.
Forse sarà un’operazione turistico-commerciale, oltre che amor di patria; okkei.
Ma come si fa a non sentirsi accolti da quell’Italia tutta metaforicamente raggrumata lì? Io l’ho sentito, ed è stata una sensazione bellissima, di calore, di appartenenza e di orgoglio… qualcosa che ti punge sul vivo: la città da morta si fa viva e ti ricorda chi sei, facendoti compiere da te, sotto la sua guida, un percorso della memoria; percorso fondamentale in un momento storico-culturale quasi “decadente” e separatista per il nostro Paese.
Qualche ora dopo aver visto/sentito/capito tutto questo, ho letto che “la Città di Torino e la Regione Piemonte saranno sede delle Celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, evento che verrà promosso con il nome di ‘Esperienza Italia’ e avrà luogo da Marzo a Novembre 2011: a Torino scopri l’Italia – 9 mesi di eventi per festeggiare i 150 anni del nostro paese”.
Tuffo al cuore, alla faccia della vittoria di Cota! …Che poi lui non faccia il saluto alla bandiera ce ne fottiamo, ma intanto la città è bardata a festa, e non è di certo una festa secessionista!
Però, c’è un PERO’: purtroppo, una palermitana in vacanza nel bel mezzo di quell’armonia maestosa, silente, patriottica, a un certo punto – dopo l’ultimo gianduiotto sciolto sulla lingua – sente un po‘ di amaro in bocca. …Avrei tanto voluto, sapete, poter dire che anche a Palermo le vetrine festeggiano l’unità, che anche qui da noi i panettieri, i pizzaioli e i ristoratori creano dei cibi a forma d’Italia unita e con le tinte del tricolore come fanno su. Avrei voluto raccontare agli amici che mi ospitavano che anche qui il 17 marzo ci sono stati enormi festeggiamenti e tanta gente che cantava l’inno di Mameli sotto la pioggia. Avrei voluto dire che ci sono state serate dedicate a Garibaldi e ai mille e che il teatro Massimo è cinto da un qualche stendardo verde, bianco e rosso come la Mole.
Non ho potuto.
*Vincenzo Monti, “Per la liberazione d’Italia” (1801)