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Bellas Mariposas ci racconta una giornata (precisamente il 3 agosto) della vita di Caterina, detta Cate (Sara Podda), che inizia in piena notte quando la vicina – come tutti i giorni – sveglia l'intero quartiere con le sue strambe abitudini, e finisce la notte successiva quando con l’arrivo della “coga”, una specie di maga, gli eventi precipitano e nuovi equilibri si instaurano. In realtà è la stessa Caterina a raccontarci la sua vita, rivolgendosi direttamente al pubblico attraverso la telecamera, sicura che da qualche parte al di là di essa qualcuno la stia ascoltando.
Cate ha 11 anni, da grande vorrebbe fare la cantante e sposarsi, forse con Gigi. La sua migliore amica è Luna (Maya Mulas) con cui condivide le giornate e i pensieri in una maniera superficiale e intima al contempo, come solo le ragazzine di quell’età possono fare. Cate e Luna ridono per un nonnulla, si prendono gioco del mondo, cercano di catturare insieme piccoli attimi di felicità, dimenticandosi delle brutture che le circondano.
L’amicizia con Luna è per Cate uno spazio di libertà e di bellezza, un po’ come il mare, dove – quando nuota – Cate si sente un pesce e si dimentica di tutto.
Sì, perché Cate vive in una periferia degradata di Cagliari abitata da gente senza arte né parte che sbarca il lunario come può, una periferia strutturata in corridoi e labirinti di un’architettura disumana in cui i ragazzi “pinnano” col motorino e si drogano. Nella sua casa fatiscente, Cate vive con suo padre che non lavora e si fa i ca**i suoi dalla mattina alla sera (come lei stessa dice), con sua madre che invece si fa il cu*o dalla mattina alla sera, con un numero esorbitante di fratelli e sorelle che escono ed entrano occupando ogni centimetro quadro della stanza da letto con i letti a castello, con i nipotini che strillano e piangono, figli della sorella maggiore che è rimasta incinta a 13 anni e ora fa la prostituta.
Per la prima mezz’ora del film non si può fare a meno di sentire un peso sullo stomaco, un’angoscia strisciante che non ci abbandona neppure quando le situazioni risultano comiche e ci fanno sorridere.
Ma dal momento in cui Cate e Luna prendono l’autobus per andare al mare e poi attraversano il centro di Cagliari lo schermo si riempie di una luce nuova, poetica e commovente, che riscatta tutto e apre il cuore alla speranza. Queste due ragazzine, cresciute troppo in fretta, costrette ad affrontare il brutto della vita molto prima di quanto si dovrebbe, trasmettono però una purezza di sentimenti e di pensieri, una innocenza e una forza che permette loro di librarsi nell’aria come due farfalline o nel mare come due pesciolini.
Il realismo di questo film (accentuato dall’uso del cagliaritano stretto utilizzato in molti passaggi) è in qualche modo mitigato in alcuni casi e accentuato in altri dallo sguardo di Cate che attraversa questo mondo e lo interpreta alla luce di quell’età che sta sulla soglia dell’adolescenza, quella in cui tutto ancora è possibile, anche l’intervento del magico e del soprannaturale.
Il film di Salvatore Mereu (tratto dal romanzo di Sergio Atzeni) è un gioiellino italiano che merita di essere visto e apprezzato.
Voto: 3,5/5
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