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Bello e incompiuto - Ibrahimovic

Creato il 16 novembre 2012 da Tiba84

L'ultimo gol di Ibrahimovic nell'amichevole contro l'Inghilterra ci dà, ancora una volta, la misura di questo campione e, contemporaneamente, il senso della bellezza.
La bellezza sta lì, fuori da ogni norma, fuori da ogni concorso (infatti non rientrerà tra i 10 gol più belli di quest'anno, assurdo), fuori da ogni senso utilitaristico concepibile. Nell'assurdo, nell'inutile, nell'incompiuto. Là dove bellezza e forza si incontrano e realizzano tutto il loro potenziale, come già ci ricordava il principe Stavroghin, si è nell'empireo dell'inutilità. In una dimensione di inconcludenza per i nostri canoni geometrici.
Bello e incompiuto - IbrahimovicBello e inutile, infatti, è anche questo gol. Forse il più bello. Bello e fortissimo, perché non è il colpo di stile del giocatore che in area si eleva con grazia e si rovescia con la leggerezza del campione: non c'è la levità di Maradona, la perfezione di Pelè, la raffinatezza di Messi. Ibrahimovic non salta, si arrampica in cielo, non c'era tecnica, non c'era leggerezza, puntellava il cielo stellato con i propri tacchetti per raggiungere quella palla e scaraventarla in fondo alla rete. Un gesto di una fisicità stupefacende, inumana.
Un gol impressionante, facile dirlo (e lo dice Gerrard). Una forza mostruosa, ma inutile. Bello, ma incompiuto. Se i motivi di un Ibrahimovic che non vincerà mai tutto quello che altri campioni vinceranno, sono noti, sottolinearlo in questo modo fa ancora più impressione: segna la nostra umanità alla ricerca della bellezza, della perfezione. Quando ci chiediamo chi sia il migliore, facciamo sempre un discorso di utilità sopra la bellezza, sopra la forza fisica, sopra quella sovrumanità che Ibra dimostra. E che, tuttavia, riempie i nostri cuori e dà forza alle nostre anime.
Nel fantomatico post che Ibra scrive a Guardiola, infatti, è contenuto questo: da una parte l'ordine calcistico dell'ex tecnico blaugrana, in cui Ibra sembrava più un peso che non un campione, dall'altra la forza, la bellezza e la genialità del giocatore più forte che, però, non trovava spazio nella squadra più forte del decennio. Da una parte l'ordine, l'utilità, la funzionalità di un calcio veloce e fatto di passaggi con cui disorientare l'avversario, dall'altra parte la bellezza inutile, la forza senza servizio alcuno nell'esempio più assurdo possibile. In Ibra, infatti, si raccoglie l'incompiutezza del guizzo di genio, che sta sempre a metà tra la demonicità dostoievskiana e l'artisticità manniana: in un empireo tutto suo, in cui i metri FIFA non entrano e non possono entrare, in cui il calcio ridotto ad utilità (e paradossale che a contrapporvisi sia il giocatore più mercenario di sé possibile, ma sono i paradossi della vita!) non riesce a comprenderlo e definirlo. Lo adora, senza conoscerlo.
Ibra è così. Troppo più forte degli altri, troppo più inutile degli altri. Questo gol lo dimostra: non è il gol di una finale mondiale, è il gol di un'amichevole (benché di lusso). Non passerà alla storia, perché la storia rigetta l'inutile in quanto essa stessa è inutile e ha bisogno di statistiche geometriche. Resterà nei nostri cuori, come modello di una superiorità, della bellezza vera (che infatti sfiorisce), della forza disumana (che infatti si infrange allorquando l'uomo non la capisce). Senza ragione, senza utilità, questo gol rimane come gesto incompiuto di un mito.
Mi ricorda, infine, il momento finale di The Commitments, quando il protagonista deluso se ne ritorna a casa dopo che la band si è sciolta e incontra Joy Fagan che trasporta quel fallimento altrove: se avessero sfondato, infatti, sarebbe stato banale, con quel gruppo ha dato coraggio e forza a ragazzi che vivevano vite normali, ha dato loro qualcosa di più. Così, infatti, è poesia.

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