Dunque: il Fatto può piacere o non piacere, ha i metodi che ha, ma non basa – o almeno evita di farlo – le sue vendite esclusivamente sulle illazioni o sulle chiacchiere de relato tanto care a una buona parte di giornalismo. La premessa è doverosa perché se il buongiorno si vede dal mattino il nuovo Libero, che a detta dei suoi padri-padroni Feltri e Belpietro dovrebbe rappresentare il Fatto di destra, parte come peggio non mai. L’editoriale di Maurizio Belpietro è quanto di più assurdo potesse comparire su un quotidiano. Lasciamo da parte la storia della escort che Fini avrebbe frequentato lo scorso anno – tutto può essere –, ma prendiamo in esame il presunto attentato previsto in primavera in Puglia (eventualmente in prossimità delle elezioni), che sa molto di profezia Maya. Ad un manovale della criminalità locale, parliamo di Andria, sarebbero stati promessi 200 mila euro per colpire Fini, ferendolo, durante una visita istituzionale per poi attribuire l’organizzazione dell’agguato ad ambienti vicini al presidente del Consiglio. L’accusa preventiva è pesantissima ed è rivolta a ignoti: Belpietro si limita a scrivere quello che sa. Ma la fonte, per come viene descritta (“Chi mi ha spifferato il piano non pareva matto. Anzi, apparentemente sembrava un tizio con tutti i venerdì a posto: buona famiglia, discreta situazione economica, sufficiente proprietà di linguaggio”), è poca roba rispetto alla gravezza di quanto raccontato. Certe notizie andrebbero date dopo indagini accurate, cosa che non fa Libero in questo caso. E, soprattutto, le domande retoriche di chiusura – “C’è qualcuno che ha interesse a intorbidire le acque, diffamando il presidente della Camera? Oppure si tratta di polpette avvelenate che hanno come obiettivo quello di intaccare la credibilità di Libero?” – appaiono come una paraculata, mi si passi il termine, di non poco conto.
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Dunque: il Fatto può piacere o non piacere, ha i metodi che ha, ma non basa – o almeno evita di farlo – le sue vendite esclusivamente sulle illazioni o sulle chiacchiere de relato tanto care a una buona parte di giornalismo. La premessa è doverosa perché se il buongiorno si vede dal mattino il nuovo Libero, che a detta dei suoi padri-padroni Feltri e Belpietro dovrebbe rappresentare il Fatto di destra, parte come peggio non mai. L’editoriale di Maurizio Belpietro è quanto di più assurdo potesse comparire su un quotidiano. Lasciamo da parte la storia della escort che Fini avrebbe frequentato lo scorso anno – tutto può essere –, ma prendiamo in esame il presunto attentato previsto in primavera in Puglia (eventualmente in prossimità delle elezioni), che sa molto di profezia Maya. Ad un manovale della criminalità locale, parliamo di Andria, sarebbero stati promessi 200 mila euro per colpire Fini, ferendolo, durante una visita istituzionale per poi attribuire l’organizzazione dell’agguato ad ambienti vicini al presidente del Consiglio. L’accusa preventiva è pesantissima ed è rivolta a ignoti: Belpietro si limita a scrivere quello che sa. Ma la fonte, per come viene descritta (“Chi mi ha spifferato il piano non pareva matto. Anzi, apparentemente sembrava un tizio con tutti i venerdì a posto: buona famiglia, discreta situazione economica, sufficiente proprietà di linguaggio”), è poca roba rispetto alla gravezza di quanto raccontato. Certe notizie andrebbero date dopo indagini accurate, cosa che non fa Libero in questo caso. E, soprattutto, le domande retoriche di chiusura – “C’è qualcuno che ha interesse a intorbidire le acque, diffamando il presidente della Camera? Oppure si tratta di polpette avvelenate che hanno come obiettivo quello di intaccare la credibilità di Libero?” – appaiono come una paraculata, mi si passi il termine, di non poco conto.
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