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Agli inizi degli anni ottanta, quand'ero un tenero psicopatico in (erba), le televisioni private mandavano in onda talmente tanti anime giapponesi che in fin dei conti era quasi impossibile stare dietro a tutti quanti. Di solito andava a finire che uno si guardava quello che capitava, senza tener conto dell'eventuale continuity - Cristo, si era poco più che bambini, che cazzo ci fregava della continuity? - godendosi l'attimo fuggente come un fottuto monaco zen in miniatura. Senza tener conto del fatto che molte volte le stesse emittenti televisive private non si curavano per nulla di mandare in onda una serie dall'inizio alla fine e la maggior parte dei palinsesti era molto naif, cioè a cazzo di cane.
A quell'epoca, invece che andare fuori a giocare insieme agli altri bambini ero solito guardarmi una media di dieci puntate diverse al giorno di altrettanti cartoni animati, spaziando da dolce Remì a Geeg robot d'acciaio e Lamù la principessa dello spazio. La prima volta in vita mia, però, che ho realizzato quanto fosse complesso e articolato il mondo dell'animazione giapponese (a cui fino a quel momento pensavo esclusivamente in termini di robottoni, storie di orfani vari, alieni e variazioni sui temi appena citati) è stato quando per caso mi sono imbattuto in una puntata di Bem il mostro umano, uno dei primi anime horror importati nel nostro paese. Probabilmente qualcuno di voi si ricorderà di questa serie, seppure in maniera vaga. La storia era incentrata su questa "famiglia" di mostri, formata da padre, figlio e madre, i quali giravano per il mondo scontrandosi con creature altrettanto mostruose, fondamentalmente per salvare e proteggere gli esseri umani che incontravano lungo la strada.
La caratteristica principale di questo anime era quella del ribaltamento di ruoli e del rapporto tra immagine e significato, dato che ad un aspetto malvagio non corrispondeva un ruolo altrettanto significante.
Per farla breve. il tema principale dell'anime in questione era che l'aspetto esteriore (dei mostri) non corrispondeva affatto a quello interiore (buono). Insomma, l'abito non fa il monaco, non bisogna giudicare dalle apparenze etc.. etc... che detto così, soprattutto oggi, sembrerebbe quasi banale, ma che invece all'epoca era profondamente innovativo e sviluppava in maniera del tutto originale il messaggio fondamentale di opere quali Cabal, di Clive Barker, e il capolavoro di Tim Burton, "Edward mani di forbice". Per tutti i collezionisti e gli appassionati e collezionisti di anime giapponesi, la Dynit, nel 2001, ha messo in vendita le due serie complete di "Bem", restaurate digitalmente ed in versione integrale. Mentre, per chi si accontenta, la prima serie non restaurata si può trovare su youtube. Qui sotto trovate la prima parte della prima puntata. Buona visione!
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