Hazy Lights rappresenta una virata quasi spiazzante rispetto al suo più psichedelico predecessore, risalente a due anni fa. Totheotherside era un disco nel quale Marcella Riccardi, col nome Bemydelay, metteva in luce un’ottima vena compositiva e una forte ispirazione: elementi tradotti in una musica lontana dalle mode e dai dettami del “business” e che poco ha a che vedere con quella che spopola nel Bel Paese, cosa che porta la cantautrice ad avvalersi prevalentemente della collaborazione di musicisti per lo più anglosassoni (in Hazy Lights, però, l’accompagna l’italiano Maurizio Abate), e soprattutto a fare concerti che toccano sia l’Europa sia gli Stati Uniti.
In questa sua ultima prova tutto è ridotto all’osso, il meno arrangiato possibile. Il suono è quello del folk più scarno e minimalista: c’è ben poco oltre una chitarra unita a una voce che avvolge e stupisce per la sua bellezza e per il suo essere piacevolmente fuori dal tempo. Nei nove brani di Hazy Lights convivono lirismo, poesia (William Blake e Alfonso Gatto) e delicate suggestioni acustiche. Alle trame sonore, semplici e ricercate al tempo stesso, scrivevamo, s’aggiunge davvero poco altro: un sitar (“Ocean Drive”), una sei corde elettrica (“Farewell Love”) o strumenti tradizionali che rimandano a scenari bucolici.
Non un disco per tutte le stagioni e non per tutte le orecchie, ma senza dubbio un ottimo mix di personalità e capacità di scrittura, che confluiscono in una non banale reinterpretazione del folk. I cultori del genere non potranno che apprezzare.
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