Tutti, attraverso i Portishead, abbiamo a che fare con Geoff Barrow. Succederà lo stesso ai nostri figli e ai nostri nipoti, perché mi sa che dischi come Dummy finiranno in un fracco di stereo per le stesse ragioni per le quali ci troviamo Unknown Pleasures, Master Of Puppets, Paranoid, Nevermind e così via. Come dimostra l’evoluzione dei Portishead stessi, Barrow è uno che va piano, ma non si ferma. Negli anni l’influenza dei Silver Apples, ma anche dei Neu! e di altri gruppi appartenenti alla galassia kraut, si è manifestata chiaramente nei suoi progetti. Aggiungiamoci la passionaccia per Carpenter, l’interesse passato per Lalo Schifrin (campionato in “Sour Times”) e le atmosfere à la 007 (“All Mine”) ed è chiaro che prima o puoi l’uomo avrebbe provato a muoversi anche nell’ambito delle colonne sonore, basti pensare che ha avuto la prontezza di pubblicare l’acclamato lavoro di Cliff Martinez per “Drive” di Refn sulla sua Invada. Al momento, per raggiungere quest’obbiettivo in veste di compositore, ha lavorato in coppia con Ben Salisbury, in apparenza un musicista più nelle righe di lui. Il primo frutto del loro sodalizio al cinema non ci è finito, anche se era quello lo scopo: DROKK: Music Inspired by Mega-City One è la colonna sonora scartata del nuovo “Dredd” del 2012, diretto da Pete Travis, ma scritto e prodotto da Alex Garland (sceneggiatore di film di fantascienza come “28 Giorni Dopo” e “Sunshine”, regia di Danny Boyle), che, al momento di mettere in produzione il “Ex Machina”, questa volta mettendosi anche dietro la cinepresa, li ha finalmente messi all’opera.
Viste le premesse, i due non potevano che sguazzare in un film di fantascienza, specie se di quelli psicologici. Si sono avvalsi di tecniche miste (strumenti veri, sintetizzatore, software), ma si può dire che abbiano incanalato tutto su un discorso vicino a quello delle prime elettroniche, basandosi su distese ambient/drone, loop a pioggia, maree montanti di volume (reminiscenze industrial?), restando sempre molto composti e bilanciati, ma dando alcuni scossoni decisivi. È suggestivo, al cinema, come rendono il contrasto tra il luogo sotterraneo dove si svolge il film e i paesaggi giganteschi che lo circondano: nelle scene interne prevalgono la tensione e il senso di straniamento dello spettatore, che mette in dubbio l’identità di tutti i personaggi (al pari dei personaggi stessi), in quelle esterne i synth si fanno rasserenanti e sembrano aprirsi come gli spazi davanti ai nostri occhi. Semplice e quasi à la Arvo Pärt il tema che accompagna la protagonista femminile del racconto, così come lo è il trucco del rallentamento della musica che segue quello suggestivo di alcune sequenze, ottenuto tra l’altro con lo stesso programma che fa sembrare Justin Bieber i Sigur Rós e qualunque gruppo metal i Sunn O))). Solo giudizi positivi, dunque, sulla musica presa da sola, né sull’utilizzo che se ne fa nel corso del racconto, dove però contano molto anche i silenzi e lo humour aggiuntivo di Garland (io scrivo solo “Make Luv” per evitare spoiler). Se però il termine di paragone dev’essere lo score sorprendente di Mica Levi per “Under The Skin”, una delle vette dello scorso anno, ecco che salta fuori la pecca: Barrow e Salisbury non hanno voluto osare troppo, anche se durante l’ascolto lasciano intendere che avrebbero saputo come fare.
Il secondo disco, con materiale extra, non aggiunge infine molto a quest’uscita di elettronica quasi “classicista”.
Tracklist
Original Score
01. The Turing Test
02. Watching
03. Ava
04, Falling
05. I Am Become Death
06. Hacking / Cutting
07. The Test Worked
08. Skin
09. Out
10. Bunsen Burner
Bonus Material
01. The Lab
02. Masks
03. Ava Undresses (Demo Version 1)
04. Session 2
05. Mary Experiment
06. Ava Turns To CCTV
07. Climbing The Waterfall
08. Ava Undresses (Demo Version 2)
09. Reversing The Test
10. A Beginning
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