S’avanza uno strano intellettuale profeta, un nouveau philosophe de l’humanitè, il quale dice di voler recuperare l’uomo alla sue potenzialità antropologiche, alla sua entità naturale generica alterata dall’alienazione capitalistica che ha trasformato le sue imperiture caratteristiche ontologiche in utilità di mercato e in mercanzia deperibile. E si badi bene, non sono i rapporti sociali tra gli individui ad essere cosificati a causa dell’affermarsi di uno storicamente specifico modo di produzione fondato sullo scambio e sul lavoro salariato (e di conseguenza sul mercato) ma, direttamente, è la loro natura di esseri viventi ad essere divenuta merce, con terribili conseguenze disantropomorfizzanti e disumanizzanti per tutta la specie. Come costoro possano derivare dal mero fatto che i lavoratori siano costretti dal meccanismo capitalistico a produrre non per se stessi ma per il Capitale l’alienazione delle proprie intime qualità personali non è dato saperlo. E non sanno nemmeno spiegarlo ma soltanto apoditticamente affermarlo con dotte circonlocuzioni senza fondamento scientifico. Da tanta furia dileguativa è chiaro che emergano obbrobri confusionari come questi: “Massima alienazione dell’uomo rispetto alle proprie potenzialità ontologiche, l’odierno monoteismo del mercato è la prima società in cui regna sovrano il principio metafisico dell’illimitatezza, il “cattivo infinito” della norma dell’accumulazione smisurata del profitto a scapito della vita umana e del pianeta. In questo scenario, la filosofia resta il luogo del rischio assoluto: infatti, essa è il luogo della possibile resistenza al nichilismo della forma merce e, insieme, della sua eventuale legittimazione in stile postmoderno” (Diego Fusaro, allievo di molti). Questa letteratura d’evasione, effettivamente, sta producendo qualche risultato, non per l’umanità intera ed i suoi destini ma per i citati pensatori pubblicati a tutto spiano dalle grandi e medie case editrici di “regime”, le quali, non rendendosi conto di avere tra le le mani materiale altamente esplosivo dal punto di vista sociale, forse persino sovversivo, pensano soltanto ai loro profitti immediati mettendo a repentaglio il sistema che li nutre. Ma il sistema che nutre gli editori è lo stesso che sazia i professori universitari e i loro assistenti che dissimulano una certaqualavversione contro il potere costituito con una certaqualkultura molto redditizia. Questi cattedratici inquieti, più economicamente che socialmente, scrivono o fanno compilare ai propri assistenti tali saggi ultrarivoluzionari che il comparto editoriale accetta a scatola chiusa, poiché è sicuro di piazzare il prodotto con più rapidità, funzionando le reti accademiche e relazionali di questi maestri della chiacchiera meglio di qualsiasi catena distributiva del settore librario. Quel che è intollerabile però è che siffatti soldati della socialcatena umanistica ed umanitaria tirino in ballo per Marx per ragioni di marketing ed incremento delle vendite all’esterno dell’Università. Ovviamente, il pensatore di Treviri finisce soprattutto sulle copertine dei loro volumi, come un brand di grido dal 1844 (Manoscritti economico-filosofici del 1844, la loro collezione di moda preferita), come una griffe che attira gli aficionados, anche se poi dentro il tomo, nei contenuti e nelle analisi, di Marx non vi è nulla salvo qualche citazione estrapolata dal contesto al fine di giustificare postulati premeditati e mai dimostrati: Bentornato Marx, Benvenuto Marx, Benarrivato Marx. E voilà Marx sepolto per sempre dai becchini laureati che gli fanno il funerale filosofico per poterne disperderne le ceneri affinché di lui e del suo pensiero non resti più nulla. Quod non fecit barbari fecit Baroncini. Se il mattino ha l’oro in bocca (Aurora aurum in ore habet) il filosofo, invece, ha l’Uomo in bocca; in ogni caso, tendendo fede al detto latino, si tratta di affari e del momento storico migliore per concluderli. Adesso è il loro momento e filosofastri e loro discepoli giovanastri non si fanno scrupoli nel cavalcare questa “vieux nouvelle vague”. Li ammiro e li invidio per la furbizia che porta loro fama e denaro ma li detesto per il tono pauperistico e solidaristico che si danno, quali finti francescani naturalistici ed umanistici svestiti esclusivamente di pudore. Come ha scritto La Grassa nel suo Panorama Teorico (http://www.conflittiestrategie.it/2011/03/11/un-panorama-teorico-di-g-la-grassa/): “’L’elucubrazione filosofica intorno ai destini dell’uomo (la sua alienazione o altre sviolinate del genere) sono totalmente al di fuori della possibilità di afferrare lo sfruttamento nella sua assunzione scientifica (per via di astrazione); che può (anzi oggi deve) essere contestata e superata, ma sul suo terreno. Il filosofo può solo rendere il marxismo una dottrina salvifica per il “povero” in cerca di “riscatto sociale o morale” o …..che so io; dove però si tratta semplicemente del riscatto del filosofo sperso nell’ambito di una scienza per la cui comprensione non possiede i mezzi mentali. In questo senso è lui l’unico alienato della situazione. Il filosofo, come lo storico empirico, hanno annientato non semplicemente il marxismo, ma la stessa possibilità di superarlo in direzione di una “nuova scienza”. Hanno semplicemente cancellato Marx dalla storia della scienza per riscoprirlo o come economista di second’ordine (seguace dei classici) o quale elucubrante un po’ ossessivo intorno a questioni morali o relative alla perdizione dell’uomo nei meandri della modernità capitalistica. Povero Marx, in mano a simili dilettanti e sfasciatori di pensieri scientifici innovativi”.
A lorsignori, educande del pensiero edulcorato e forbito, questo linguaggio diretto non piacerà per niente, ma per noi vale sempre di più una brutta verità (minuscolo, mi raccomando) sbattuta in faccia per liberare dall’idiozia rispetto ad una menzogna consolante che accarezza per incatenare definitivamente.