Non è vero, penso, sulle prime.
Poi controllo in rete ed è la verità. Grazie alla signora Lamarque, che porta il nome di un famoso evoluzionista, per questa recensione “di sbieco”, perchè più che di me parla delle violette di Goethe.
Questa cosa di Goethe e le violette ha fatto andar di matto l’establishment, anche Erena.
Il sito avvisa che la riproduzione è riservata, e se dovesse essere necessario rimuoverò il testo dell’articolo, ma vogliamo negare ad una non-più-ragazza che vive in Calabria, lontana da tutti i centri luminosi della galassia, il piacere di dimostrare che con le sue manone da contadina ha prodotto qualcosa che piace ancora a distanza di anni, e che viene apprezzato da una testata nazionale?
I blogger vanno in delirio per queste cose, ma qui non si tratta solo di “pubblicità” o di avere il rank più alto questo mese.
Si tratta di potersi finalmente pacificare, di sciogliere i propri dubbi sulla qualità di quello che si è scritto, e di lasciarsi commuovere dal fatto che qualcuno ha capito la fatica e lo sforzo che ti sono costati quel libro da nulla: sì, quel piccolo libretto con i vasi di gigli in copertina.
Grazie per questo mattone di autostima che mi avete regalato.
Goethe era un molto miope, non credo spargesse violette in maniera precisa. Gettava i semi a spaglio dove riusciva ad avere un po' di visuale
Gentilmente
Le violette milanesi e Goethe seminatore
Spontanee
Che belle le violette spontanee, quelle piccole, appartate, che nessuno nota. Che tra i prati di Milano sia per caso passato, un po’ di tempo fa, a piedi o in volo come uno Chagall, Johann Wolfgang Goethe? Perché se non è una leggenda, e pare non lo sia, lui passeggiava (due secoli prima dei guerrilla gardeners) spargendo qua e là semi di violetta che si teneva sempre in tasca per abbellire un po’ il mondo; l’ ho sospettato in questi giorni di così tante improvvise violette nei prati milanesi.
Intendo le violette spontanee, quelle piccole, appartate, che nessuno nota benché ci diano tutti i giorni un po’ di profumo, non le coloratissime viole del pensiero che riempiono sgargiantemente le aiuole (che bella parola, con tutte e cinque le vocali e solo una consonante, la «u» però latita un po’ ) delle rotonde e dei giardini.
Mi si affacciano mille domande: i semi di quali viole spargeva Goethe? E la gente lo vedeva o seminava di nascosto? Seminava soltanto o anche innaffiava? E aveva tanti semi a disposizione perché una delle sue fidanzate (poi moglie) era fioraia? (No, Christiane Vulpius la chiamavano la Fioraia ma lavorava in una fabbrica di fiori artificiali, peccato). E i semi li teneva in tasca sparsi o in bustine? Aveva un taschino apposito o se ne andavano qua e là indisciplinati tra pezzetti di carta e monetine? Spargeva solo semi di viole o anche di altri fiori? Mi sa che qualche seme se l’ era procurato qui da noi in Italia, durante il suo lungo viaggio, magari nella sua adorata Napoli («Neapel ist ein Paradies»).
Questa abitudine di Goethe la conferma anche Lidia Zitara in un suo bel libro di un paio d’ anni fa, «Giardiniere per diletto», ( bello consigliare anche i libri non ultimissimi usciti, quelli che, sempre incalzati dai nuovi, temi rischino l’ eliminazione) che insegna a coltivare un po’ spettinatamente, infatti la natura di suo è spettinata, non mette le viole in fila per due, una gialla una blu una gialla una blu. Del resto anche l’ uomo non è da meno: intorno alle violette, in ordine sparso, non in fila, semina lattine, cartacce, mozziconi, vassoietti di polistirolo, bucce d’ arancia, pacchetti di sigarette, che bestie che siamo, anzi no, si è mai vista una bestia maleducata? A proposito di bestie, il Parlamento europeo – ci aggiorna la benemerita Lav – sta percorrendo tutto l’ iter per ottenere che gli strazianti viaggi per il macello non superino le otto ore. Anche, anzi soprattutto i non-vegetariani dovrebbero firmare per fare ponti d’ oro a quei poveretti di cui leccandosi i baffi ogni giorno si nutrono. Un po’ di gratitudine per tanta squisitezza.Lamarque Vivian
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(17 marzo 2012) – Corriere della Sera
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