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Beneath (2013)

Creato il 03 novembre 2014 da Silente
Una squadra di minatori risveglia una divinità dormiente nelle viscere del pianeta. True story.        
Beneath (2013)

Parlando di Honeymoon mi chiedevo cosa animasse un autore quando si metteva in moto, quale benzina attivasse l’ispirazione e se il confronto con una tematica classica dipendesse da scarsa propensione o, al contrario, umiltà e desiderio di fare le cose per bene. Beneath non fa sicuramente parte della seconda categoria, ma per quanto sensibile alla prima pare un po’ sleale categorizzarlo per forza, perché non si tratta di b-movie insipido e fotocopiato, bensì un prodotto di valore non altissimo eppure svolto con attenzione, scritto con una certa cura e preparato con mezzi non indifferenti, elementi che lasciano sempre un’ombra sorridente nel confrontarsi con certe materie horror. 

Ben Ketai non è un regista alle prime armi, ma il suo curriculum ben descrive il suo stare sonnacchioso in certe aree del genere, tra sequel direct-to-video e televisione di poco conto – aggiungiamoci pure la mancanza di quel minimo di fantasia per modificare un titolo uguale a molti altri, a partire da quel Beneathgirato da Fessenden solo pochi mesi fa –, e infatti il suoBeneath è del tutto trasparente, bello straight dall’inizio alla fine, horror di semplice esecuzione, con una storia essenziale che avanza come un caterpillar e con qualche goccia di sangue a dipingere ciò che lascia dietro. Eppure il mestiere – evidente, si nota subito – ne culla dapprima l’ambientazione, con una miniera lovecraftiana efficace quanto basta, un intervento soprannaturale sempre valido e infine dei personaggi ben stratificati, li fa ragionare e parlare forse poco ma con spunti non comuni per film di questo target.
Il maschilismo grezzo e bonaccione di una squadra di minatori esce con la giusta dose di occhiate e battute verso l’unica ragazza che li accompagna per festeggiare l’ultimo giorno di lavoro del padre, senza esagerare in volgarità né servirsi delle inquadrature per dello squallido voyeurismo. La traccia è quindi banale ma i cliché hanno discreti sostegni, i dialoghi sono aspri e sganciano parole contate eppure esprimono concetti funzionali e diventerebbe superfluo lamentarsi per avere delle maggiorazioni. I personaggi stessi variano di pochi tratti dai tipici scogli immaginabili, tra il duro, il saggio, il fifone, lo sfigato e naturalmente il good guy che si innamora della bella non ci sono grosse modifiche allo schema, eppure Patrick Doody e Chris Valenziano sono bravi a scriverli mentre Ketai li dirige con quella professionalità che nel cinema di genere separa l’abisso dalla piacevole mediocrità.
Beneath (2013)L’intromissione soprannaturale si serve tra l’altro proprio dei dialoghi per emergere spargendo dubbi e malelingue, i litigi tra i minatori diventano tentacoli uncinati di un dio innominabile e invisibile, ne nascono lotte e violenze inscenate con un’effettistica che miracolosamente non usa l’orribile CG per versare sangue in notevoli quantità. E quando non c’è freno all’emoglobina, seguono benvoluti grappoli di intestini, mascelle strappate, occhi accecati e vario tipo di crudeltà che, pur non superando mai un certo limite, né innovandosi né comunque inseguendo esagerazioni poco probabili, nel suo piccolo funziona anche con una scarsa considerazione per una maschera demoniaca davvero spartana. Facile riassumere quindi un prodotto in fondo minuscolo e che non offre molto, pur avendo vinto lo Screamfest temo sarà ricordato poco anche nella scena horror perché i topoi sono schiaccianti mentre l’intelligenza degli spunti lo allontana forse troppo dai gusti del fan medio, ma pazienza, io mi sono divertito nei suoi novanta minuti lineari e canonici, sarò di bocca buona.

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