Notizia proprio degli ultimi minuti è che l'opposizione libica, che controlla Bengasi, non intende affatto negoziare con il regime di Tripoli.
E questo sarà fino a quando il colonnello Gheddafi non avrà lasciato la guida del Paese.
Il Consiglio nazionale libico, l'organismo nato dai sanguinosi eventi di questi giorni, ha chiesto inoltrel'intervento straniero per fermare i raid aerei contro i rivoltosi.
Quest'ultima è una notizia da verificare, fornita dalla Bcc.
Nel mentre a Tripoli, dopo la preghiera del venerdì, si sa già che sono attesi nuovi cortei di protesta contro il regime.
Regime che mente spudoratamente circa la propria gestione del potere, affermando d'essere stato prodigo nei confronti della gente.Gente invece ingrata che, a suo dire, pretende più del dovuto
Ed è bene forse, in merito, piuttosto ricordare, anche e sopratutto ai diretti interessati, padre e figli della dinastia Gheddafi, ciò che qualche giorno fa ha puntualizzato il Presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, parlando della drammatica situazione libica:" Se per un leader l'unico modo di rimanere al potere è la violenza di massa contro il proprio popolo, vuol dire che ha perso ogni leggittimità di governare.Ed allora deve fare quello che è meglio per il suo Paese e cioé andarsene subito".
Ma ritornando al tema odierno e cioé l'importanza delle radio-libere, in situazioni come questa, c'è da dire che sono state, senz'ombra di dubbio, degli strumenti di libertà meravigliosi.
Venute fuori dopo 42 anni di comunicazioni ufficiali "fasulle" da parte delle radio e delle tv di Stato, hanno consentito finalmente alla gente non solo di conoscere le verità scomode ma sopratutto di potersi organizzare.
E a tenerle in piedi queste radio a Bengasi, fin dal 19 febbraio, sono stati e sono dei giovani libici:giornalisti, magari invisi a suo tempo al regime, ingegnieri esperti di telecomunicazioni, gente comune che vuole dare il proprio contributo alla causa della libertà.
Questo concorso di popolo è bellissimo perché ha consentito di fare arrivare la voce della libertà lì dove questa non riusciva per niente ad arrivare, utilizzando quali sedi edifici scalcinati e anneriti dal fumo degli incendi dei bombardamenti e materiale di recupero d'ogni genere per ripristinare e /o avviare i collegamenti.
Niente uso di internet, le linee telefoniche con l'estero erano interrotte, impraticabili le interne. Allora?
Sola chance la radio, informata de fatti via" sms".
Ed è quella che è stata e continua ad essere l'esperienza quotidiana, ad esempio, di "RADIO FREE LIBYA" di Bengasi, sulla frequenza 98.9Fm per fare da ponte tra gli eventi della rivolta e la gente comune.
E ,come lei ,altre radio-sorelle.
E il loro dire e fare, a quanto promettono, non avrà termine finché il satrapo e la sua corte non saranno stati cacciati definitivamente e Tripoli tornata città libera.
Evviva dunque la RADIO, che in Africa è e rimane di una preziosità unica. Nelle buone o nelle cattive circostanze che siano.
Indifferentemente.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)