Mancanza di risorse, lentezze burocratiche, ma anche casi di occupazione illegittima tra le cause dei ritardi. In Sicilia sono 1.571 le proprietà sottratte alla criminalità organizzata. Per un valore complessivo intorno ai 10 milioni di euro.
È come se ognuno dei 1.571 beni confiscati siciliani (quasi la metà del totale di tutta Italia) avesse una storia a sé. Una storia fatta spesso di intoppi burocratici, di lacci e lacciuoli che di fatto impediscono alla società di “riprenderselo” dopo essere riusciti a sottrarlo alla criminalità organizzata.
Ma anche storie di ricchezza illecita sottratta ai mafiosi e destinata a fini sociali. In Sicilia infatti oltre la metà dei beni gestiti dall’Agenzia nazionale diretta dal prefetto Giuseppe Caruso è utilizzata: 865 su 1571, poco più del 55%.
Provina di Agrigento
107 beni confiscati
53 (49,5%) utilizzati
54 (50,5%) non usati
I dati
I dati sono quelli del report annuale dell’ufficio del servizio per la legalità e per i beni confiscati alla mafia della Presidenza della Regione. In tutto i Comuni che hanno avuto assegnati dei beni – fabbricati o terreni – sono 135 (su 390).
In genere si tratta di beni sottratti alla criminalità e assegnati dai Comuni ad associazioni che ne fanno richiesta e che ovviamente li utilizzano per fini sociali. Un doppio scorno ai mafiosi non solo perché lo Stato li ha loro sottratti ma anche perché in quegli stessi terreni, magazzini, appartamenti si promuove la cultura antimafiosa.
Ma dei 1.571 beni siciliani, ben 706 non sono ancora utilizzati. Le cause sono diverse ma in quasi un terzo dei casi la colpa è della mancanza di risorse per la ristrutturazione (209 beni su 706). In un altro terzo dei casi vi sono ancora problemi perché le procedure avviate sono ancora in corso di definizione (138) o addirittura non avviate (100). Ci sono poi 44 casi di occupazione illegittima, 41 dei quali nella sola città di Palermo (e altri due sempre in provincia) e uno a Tremestieri Etneo, 21 gravati da una ipoteca, 12 con delle procedure giudiziarie in corso, 18 occupati con un titolo legittimo anche da altre persone, 28 perché la proprietà è in quota indivisa e dunque la confisca riguarda una porzione di proprietà, mentre in 64 episodi i bandi per l’affidamento sono andati deserti.
È pressoché impossibile quantificare il valore di questo patrimonio che potrebbe essere rimesso in circolo nella società civile, ma la cifra non si discosta dai 10 milioni di euro (se la media del valore fosse di 50mila euro a bene).
Le emergenze
Le emergenze maggiori sono comunque in provincia di Palermo dove vi sono 450 dei 706 beni non utilizzati, mentre ad esempio a Catania sono 67, a Siracusa e Messina 18, a Caltanissetta 16, a Raguisa 15, ad Agrigento 54, a Enna 23 e a Trapani 45.
Va detto che la Provincia di Trapani è quella che ha la più alta percentuale di beni confiscati ed utilizzati rispetto al totale: su 173 infatti, ben 128 hanno una destinazione (47 uso istituzionale, 28 fini sociali).
Chi ha invece ha il record inverso è la provincia di Enna dove 4 beni su 5 (e cioè 23 su 28) non sono utilizzati qualche volta perché non ci sono i soldi per la ristrutturazione altre perché si tratta di immobili abusivi o inaccessibili perché in luoghi impervi.
Nel resto della Sicilia la proporzione tra i beni utilizzati e quelli non utilizzati è sostanzialmente metà e metà. A Catania i beni che sono stati “riammessi” nell’economia sociale sono 91 su 158 (all’incirca il 58%).
Fabio Russello