3 dicembre 2013 Lascia un commento
Documentario per la televisione datato 1979, girato quindi a pochi anni di distanza dalla morte di Britten avvenuta nel 1976 all’eta’ di 63 anni.
Il breve lasso di tempo intercorso dalla scomparsa, permette ricordi recenti e concedere interviste ai protagonisti col trauma della perdita in parte assorbita ma ancora viva nella memoria, la giusta equidistanza dal dolore e la pace della dimenticanza.
La vita di Britten viene ripercorsa sin dalla nascita, ricordi ed aneddoti che grazie ai racconti delle sorelle, del fratello, amici e parenti, delineano una figura straordinaria e ben riconosciuta fin dai primi anni d’eta’.
Genio molto ben compreso si potrebbe dire e proprio per questo non esibito, non forzato a nulla che non fosse in equilibrio coi ritmi della famiglia borghese nella quale era cresciuto.
Qualche anno prima del secondo conflitto mondiale, parti’ con Peter Pears, tenore, collaboratore e compagno, per andare negli Stati Uniti, tornando in patria qualche anno dopo in un’escalation di fama sempre crescente e innumerevoli successi che fecero di lui uno dei piu’ grandi compositori contemporanei.
Britten morira’ nel 1976 dopo aver concluso "Death in Venice" dall’omonimo romanzo di Mann.
Cio’ che emerge dal documentario e’ la figura di un uomo predestinato al successo e che del successo volle cogliere non un fine ma un mezzo per diffondere la propria musica, per raccontare storie, forse sublimare aspetti di se’ in apparenza espliciti ma non accettati fino in fondo e non e’ azzardato collegare l’omosessualita’ all’opera di Mann, commovente nel parallelo della fine del protagonista.
Documentario inevitabilmente interessante ma alla fine pero’ si avrebbe voluto piu’ introspezione, una maggiore ricerca sulle motivazioni indotte dalle sue scelte letterarie, quali percorsi l’hanno condotto sui sentieri musicali intrapresi, insomma delle sue opere vi sono accenni senza ragioni oltre al sentimento e l’estro.
Britten da ascoltare, poi volendo anche da vedere.