Benny Morris è uno storico: è uno dei “nuovi storici israeliani” che – a partire dagli anni ’90 – hanno ricostruito le fasi cruciali della creazione dello stato di Israele – nel 1947-1949 – e smascherato alcuni dei miti fondatori del sionismo, provando documenti alla mano azioni di sistematica pulizia etnica nei confronti dei palestinesi. Successivamente, per convenzienza o necessità, ha abbracciato il sionismo duro e puro: arrivando a indicare la causa dei problemi di oggi tra israeliani e palestinesi – con qualche ragione e una dosa spropositata di cinismo – nel mancato completamento di quella pulizia etnica.
Per ovvie ragioni, è diventato recentemente turcofobo: prova è un articolo pubblicato qualche giorno fa sull’edizioni online della rivista americana National Interest, dall’emblematico titolo “Israel under Siege” (Israele sotto assedio). Che poi, io non ci trovo nulla di male nel difendere anche con virulenza le proprie ragioni: ma da chi fa professionalmente ricerca mi attendo degli standard minim di conoscenza della realtà e di correttezza nel raccontarla; e invece: “la Turchia governata da islamisti”, “il fervore e l’odio islamista [nella regione]“, “il graduale abbandono dell’Occidente da parte della Turchia”, “le relazioni più strette con l’Iran”, “la Turchia dovrebbe prima chiedere scusa per l’omicidio, lo stupro e l’espropriazione negli ultimi cento anni di milioni di armeni, greci e grecociprioti e per l’attuale repressione del popolo curdo”. I buoni e cattivi: l’ultima volta che c’ho giocato ero alle elementari.