Benvenuti a Joyland

Da Russell81

Che Stephen King sia il mio scrittore preferito non è una novità. Tuttavia, malgrado io abbia letto un numero rilevante di sue opere, non sento affatto il diritto di potermi definire un lettore assiduo e costante. Il tempo (che manca) spesso me lo impedisce  (per informazioni citofonare QUI).
Premessa fatta, c’è da dire, quindi, che finora non mi era mai capitato di divorare un libro in soli quattro giorni, nemmeno quando ho letto quello che personalmente ritengo il capolavoro del Re del Brivido, Stagioni Diverse.

Già, finora. 

E’ stato amore a prima vista. Joyland mi ha attratto fin dal momento in cui l’ho notato sullo scaffale della libreria, rivestito dalla copertina dell’edizione Sperling & Kupfer, con le giostre  in ombra sullo sfondo di un cielo prossimo all’annuvolarsi. Non mi è servito leggere trama e sinossi di base.  Era nelle mie corde. E  prima o poi  sarebbe entrato a far parte della lista delle letture portate a termine, a quella in cui si sono recentemente aggiunti anche Duma Key e Notte buia, niente stelle.

Joyland è la storia di un ragazzo universitario che per mantenersi decide di prendere parte al grande carrozzone estivo messo in piedi nel parco di divertimenti di una località balneare del Nord Carolina. Ma è anche la storia di un enigma da risolvere e di un’amicizia con la A grossa quanto il tetto di una casa vittoriana. Insomma, Joyland è tutto questo, e tanto altro. E’ la delicata descrizione di un periodo della vita in cui le cose sembrano maledettamente complicate nello stesso istante in cui, per un oscuro paradosso, altre risultano essere leggere se affrontate di petto.  

Ovviamente non pretendo di riconoscere Joyland un capolavoro assoluto. Credo che in questo genere di cose la predisposizione alla lettura giochi un ruolo importante nell’economia del voto al libro. Ma c’è anche da dire che questo romanzo, con i suoi brevi paragrafi intervallati da cuoricini che ti inducono a leggerli uno dopo l’altro, racchiude in sè una facilità di lettura che ho trovato soltanto in alcuni racconti brevi. Inoltre, ho trovato delizioso il contesto vacanziero in cui si muovono i personaggi, tanto da farmi sentire davvero catapultato nella location estiva di Heaven’s Bay. E poi c’è Erin Cook, un profilo di cui mi sono innamorato perdutamente. 

Per concludere credo che il mio voto finale per Joyland si avvicini moltissimo a quello dato a suo tempo per Stagioni Diverse. E’ un voto alto, un 8+, frutto della media tra una prima parte praticamente perfetta ed una seconda (quella che vira di più al filone del giallo) che cala leggermente mantenendosi, però, sempre su livelli più che discreti.

Buon weekend a tutti, ragazzi.


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