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Benvenuti al Sud

Creato il 28 settembre 2010 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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Tra i meriti di Benvenuti al Sud, oltre a quello di essere un film spassoso e godibile, ben scritto, diretto e soprattutto interpretato, c’è, senza ombra di dubbio, anche l’esser riuscito ad evitare in maniera intelligente le sabbie mobili dei clichè, ossia quella marana letale di luoghi comuni in cui è solita scivolare la commedia italiana da un trentennio a questa parte, soprattutto quando si parla di Meridione.

L’ultima fatica di Luca Miniero, che si era già fatto apprezzare per il folgorante esordio dal titolo Incantesimo napoletano (2002) e per le due commedie Nessun messaggio in segreteria (2005) e Questa notte è ancora nostra (2007), segnate dal perfetto sodalizio con Paolo Genovese, ha il pregio di non essere un film a tema incentrato sulla cronaca presente e passata di una regione tormentata come la Campania, snocciolata attraverso argomenti abitudinari quali la mafia, l’immondizia e la criminalità metropolitana. Al contrario, la pellicola di Miniero mette da parte tutto questo, rilegando certe argomentazioni a sottotracce flebili e quasi irrilevanti. Il regista partenopeo, qui alla prima esperienza sul grande schermo da solista, punta su altro e realizza, grazie alla pregevole collaborazione in fase di scrittura di Massimo Gaudioso (tra i suoi script va ricordato quello di Gomorra), una commedia nazional-popolare vecchio stile, ma dal linguaggio diretto, schietto e sincero.

Benvenuti al Sud, remake made in Italy della geniale pellicola transalpina diretta da Dany Boon, Bienvenue chez le Ch’tis (Giù al Nord), che ha incassato oltre 3 milioni di euro nel 2007, è piuttosto una commedia sulla tolleranza, sull’accoglienza e sul calore umano della gente meridionale, capace di mostrare un’altra faccia del Sud. Lo script di Gaudioso rielabora in salsa nostrana la matrice originale, ma senza stravolgerla completamente. La linea narrativa guida resta la medesima, ad eccezione del fatto che il protagonista del remake (un Bisio in stato di grazia) viene catapultato dal Nord al Sud, precisamente dalla Brianza ad un piccolo paese del cilento, nel salernitano battezzato Castellabate (splendidamente fotografato da Paolo Carnera), al contrario di quanto accade al corrispettivo francese (interpretato magnificamente da Kad Mérad) che, nella propria terra d’origine, affronta il percorso inverso che lo porta ad essere trasferito da un ufficio postale in Provenza (Sud) a quello di Bergues nel Nord-Pas de Calais.

Diversamente dalla sceneggiatura della pellicola di Boon, in quella del rifacimento diretto da Miniero, l’attenzione si sposta dal conflitto verbale tra i personaggi, dovuto a problemi di comunicazione pratici (dialettale), all’incontro tra queste differenze linguistiche. Mentre nella pellicola francese il conflitto verbale è, dunque, il nodo centrale e il motore portante del plot, nel suo remake tricolore diventa un elemento secondario. Gaudioso preferisce raccontare una storia di “ignoranza” che nel tempo si tramuta in conoscenza, nella quale si punta a valorizzare le differenze piuttosto che a nasconderle, o a sottolinearle nella loro accezione negativa. In tal senso, una battuta ricorrente nel film, pronunciata dal personaggio di Mattia (interpretato da un Siani alla sua migliore performance sul grande schermo), ne sintetizza perfettamente gli intenti “Quando un forestiero arriva al Sud piange due volte: quando arriva e quando parte”. Provare per credere!

Francesco Del Grosso


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COMMENTI (1)

Da  Massimilianoricciardi
Inviato il 29 settembre a 20:23
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Mi viene da dire solo una parola: "IMPERDIBILE!"