È la notte di capodanno. La famiglia Esposito si prepara a brindare ma qualcosa va storto. «Bottiglia non stappata, annata sfortunata», commenta Patrizia senza sapere quanto le sue parole si riveleranno protetiche per suo marito Tonino, orfano di un potente boss della camorra che vive con tutta la famiglia nel Rione Sanità. Tonino percepisce dal capo clan un sussidio mensile e potrebbe vivere di rendita. Invece si ostina a voler seguire le orme paterne, senza riuscirvi. Goffo e sfortunato, ne combina di tutti i colori, lasciando trasparire il lato comico, quasi ridicolo, della criminalità organizzata.
È questo il primo obiettivo che Pino Imperatore, autore del romanzo a cui è ispirata la pièce teatrale, si prefigge: esplorare dal di dentro le dinamiche della camorra mettendone in evidenza le contraddizioni e le fragilità. Il secondo obiettivo è far riflettere usando lo strumento dell’ironia e della risata, capace di diffondere in modo nuovo il messaggio alla legalità, rivolto soprattutto ai più giovani.
La trasposizione teatrale di Benvenuti in casa Esposito, scritta a sei mani da Imperatore, Paolo Caiazzo e Alessandro Siani, ha conservato la duplice finalità del romanzo arricchendosi della recitazione di attori più o meno noti che hanno dato vita ai protagonisti, lasciando emergere la personalità di ognuno.
Accanto a Paolo Caiazzo, che interpreta il personaggio principale, recitano la moglie, Patrizia (Loredana Simioli), la figlia Tina (Federica Altamura), la madre Manuela (Maria Rosaria Virgili), i suoceri Gaetano (Salvatore Misticone) e Assunta (Nunzia Schiano), don Pietro, il capo clan, (Gennaro Silvestro) , e “il capitano” (Mimmo Esposito), il teschio di un ufficiale spagnolo del XIX secolo, adottato da Tonino nel Cimitero delle Fontanelle, che diventa un fantasma visibile solo a lui. C’è poi un nono personaggio, l’iguana Sansone, al quale presta la voce, fuori campo, Giacomo Rizzo.La commedia è articolata in una serie di episodi che seguono l’andamento del libro, almeno fino a un certo punto. L’adattamento teatrale, ben riuscito sotto molti punti di vista, ha comportato un necessario sfoltimento del romanzo, che ne esce un po’ penalizzato nella struttura ma non nello spirito. Le scene salienti ci sono tutte, dalla comica giornata di fine mese in cui Tonino deve ritirare il pizzo dai commercianti della zona, all’incontro tra don Pietro e lo spaventato protagonista. Dai siparietti tra i componenti della famiglia Esposito alla scena in cui Patrizia si concede al boss Pietro per salvare Tonino. Centrale il ruolo del Capitano, che rappresenta la voce della coscienza.
Sarà proprio il Capitano a porre la domanda finale sulla quale calerà il sipario: «È meglio essere senza soldi e andare a testa alta in famiglia oppure avere soldi e potere e camminare a testa bassa e fuggire continuamente da tutti e da tutto?». Altro momento di riflessione è quello in cui Tina accusa il padre di essere un inetto, dicendogli che si vergogna di lui e di appartenere a una famiglia malavitosa.
La commedia risulta leggera e piacevole, non mancano le battute che fanno esplodere la sala in fragorose risate lasciando emergere la napoletanità dei personaggi, chiassosi e un po’ sguaiati come una qualsiasi famiglia tipo del Rione Sanità. Mancano, invece, riferimenti scenografici alla città, forse per rendere universale la tematica trattata.
Nelle prime tre serate all’Augusteo, dove rimarrà in scena fino al 16 febbraio, Benvenuti in casa Esposito ha ottenuto 2.500 spettatori, che hanno premiato con il loro entusiasmo il lavoro di quanti si sono adoperati per rendere lo spettacolo un successo.