Se l'evento televisivo del 2013 era stato il clamoroso ritorno di Silvio Berlusconi in un talk show di Michele Santoro (ne parlai qui), quello del 2014 (Mondiali di calcio esclusi, ovviamente...), lo si può dire fin da ora, è senz'altro la sorprendente ospitata di Beppe Grillo a "Porta a porta", chez Bruno Vespa. Certo, due eventi per molti aspetti diversi, quasi lontani, eppure accomunabili: sia per il leader di Forza Italia, sia per l'animatore del Movimento 5 Stelle, si è trattato della violazione di tabù apparentemente cristallizzati in eterno: perché Sua Emittenza era da tempo nemico giurato di Santoro, per motivi in larga parte noti, mentre l'ex comico aveva a lungo fatto dell'ostracismo totale alle trasmissioni politiche "generaliste" (di cui quella di Rai Uno è indiscussa capofila: non a caso la chiamano "terza Camera dello Stato") una sua bandiera, quasi un vanto, comunque un obbligo in partenza imposto anche a tutti i suoi giovani rappresentanti nelle istituzioni.
GRILLO E BERLUSCONI, DUE MODI DI FARE TV - Nelle due "storiche" circostanze, per entrambi i personaggi l'impatto immediato sul piccolo schermo è stato quello dell'elefante che entra in una cristalleria. Ingombranti, mattatori, accentratori, a tratti persino istrionici. Dopodiché, la costruzione della puntata di "Porta a porta", direi la sua sceneggiatura, ha percorso strade lontanissime dagli stilemi dei dibattiti griffati Santoro. Che i due popolari giornalisti adottino strategie di comunicazione radicalmente diverse è notorio, ma pur sempre di talk show si tratta: uno più "ribelle", l'altro più moderato e "politically correct", ma con la medesima caratteristica di produrre fiumi di parole senza che si approdi ad alcunché di concreto. Quello di lunedì sera è stato un classico faccia a faccia: Grillo rifugge i format politici pletorici, i motivi li ha più volte spiegati (totale sfiducia nell'informazione italiana di settore), format nei quali invece Berlusconi sguazza, quasi rifiorisce, tornando ad assumere le sembianze da tempo smarrite, quelle di uomo di Stato solido e credibile. Strano: non sono entrambi personaggi di matrice catodica? La differenza fra i due è che l'ex Cavaliere ha dato a tutta la sua esistenza una "scrittura" televisiva, ha vissuto e interpretato l'agone politico come interpretò il suo lavoro per la costruzione dell'impero mediatico fininvestiano. Il genovese no, ha voluto operare un taglio netto col suo passato di vedette del piccolo schermo, ha optato per una politica da vivere tra la gente (concretamente, nelle piazze, o virtualmente, sul suo blog), senza intermediari.
SI PUO' CAMBIARE IDEA - Perché allora concedersi un passaggio nel salotto tv più nazional - popolar - politico che vi sia? Perché solo gli stupidi non cambiano idea, e Grillo sarà ruvido, sarà discutibile, sarà visionario, ma non è scemo: per quanto si possa considerare intollerabilmente fazioso il nostro sistema informativo, per giungere al grande pubblico è tuttora necessario piegarsi parzialmente a certe logiche, pur mantenendo certi punti fermi: così Grillo e i "grillini" (termine orribile) vanno in tv ma centellinano le presenze (ultimamente infittitesi, ma non quanto quelle di troppi prezzemolini delle istituzioni) e pongono paletti relativamente alla gestione in studio delle loro ospitate: va detto che in tal modo si assumono senza sfumature il rischio di risultare antipatici, distanti e impopolari, in piena consapevolezza.
VESPA "ALL'AMERICANA" - Torniamo allo specialissimo "Porta a porta". Si è visto un Vespa insolitamente vivace e puntuto: mi sbaglierò, ma non sempre, in puntate normali e con ospiti habitué della politica televisiva, ha mostrato la medesima capacità di incalzare l'interlocutore, quasi non dandogli respiro: può sembrare blasfemo, ma Santoro e il suo staff non erano riusciti a fare altrettanto con Berlusconi, l'anno scorso. Certo, poi ci sarebbe da discutere sul "come" sia stato operato questo incalzare, ossia richiamandosi spesso e volentieri ad argomentazioni degli avversari politici di Grillo, per muovere obiezioni alle idee del "padre nobile" dei Cinque Stelle. E nonostante questa apparente irriverenza, è stata un'intervista quanto mai istituzionale, nella quale, da parte del padrone di casa, non ho intravisto curiosità e voglia di esplorare nuove vie alla governabilità e alla risoluzione dei problemi del Paese, ma solo un difendere accanitamente principi, convinzioni, capisaldi della vecchia politica. Assolutamente legittimo, per carità, però è stato un manifesto del "vecchio contro nuovo", perché che Grillo sia fautore di una certa nouvelle vague è incontrovertibile: sui contenuti e sulla effettiva realizzabilità di questa nouvelle vague è ampiamente lecito discutere, ma non è questa la sede.
IL SOLITO GRILLO - Ciò per quanto riguarda il conduttore. E Grillo? Ha fatto.... il Grillo, spiazzando solo chi, in questi anni, non ne ha mai seguito veramente la battaglia politica, affidandosi a sentito dire e a odiosi preconcetti. L'ex comico ha ripetuto ciò che dice nei suoi affollatissimi incontri pubblici: certo spiegarlo davanti a una telecamera, a un giornalista scettico e in tempi rigidamente contingentati non è facile: vi è l'ansia di esplorare più tematiche possibili, si salta di palo in frasca e si conclude poco, ma, onestamente, quale esponente politico ha mai concluso qualcosa in un talk show, in questi regni dell'inconsistente, spesso urlato dando sulla voce agli altri? Ripeto, qui parlo dell'aspetto mediatico dell'evento: ognuno si sarà fatto la propria idea sulle affermazioni del leader, la mia sensazione è che la trasmissione di lunedì non abbia spostato granché: chi conosce il M5S e il suo mentore non ha scoperto alcunché di nuovo e sarà rimasto fermo nelle proprie, granitiche convinzioni, chi non lo conosce difficilmente avrà deciso di votarlo domenica prossima, perché certe questioni sono talmente delicate e complesse, talmente in controtendenza rispetto a ciò che ci siamo abituati a sentire negli ultimi lustri, che occorre tempo e pazienza per sviscerarle, voglia di documentarsi attraverso fonti più ponderose di una puntata di Porta a porta.
RISCHIOSE REMINISCENZE CABARETTISTICHE - Dicevo prima che, al contrario di Berlusconi, da quando è "sceso in campo" Grillo ha operato una cesura netta col suo passato televisivo. Non col suo passato da comico tout court, però, perché il sacro fuoco della risata non può essere represso: in questo caso lo "show" (ebbene sì) di lunedì è stato emblematico: in mezzo a discorsi seri e seriosi, ogni tanto facevano capolino l'ammiccamento e la battuta che richiamavano alla mente certi memorabili monologhi in quel di Sanremo o di Fantastico. Il gusto della freddura, della frecciata sarcastica, sono rimasti, ma in un mondo ingessato e gonfio di pregiudizi atavici come quello della politica italiana (comprendendo in questa definizione anche l'informazione politica) è un'arma a doppio taglio, perché si presta a fraintendimenti e doppie interpretazioni sulle quali gli avversari (istituzionali e giornalistici) sanno ricamare alla grande. In tal caso, almeno Vespa si è mostrato superiore di una buona spanna ad altri colleghi, abbozzando e sorridendo alla battuta sulla sua "parentela" (antichissima leggenda metropolitana) con Benito Mussolini.
Pubblicato da Carlo Calabrò